WARREN HAYNES Million Voices Whisper

di Umberto Poli
01 dicembre 2024

intervista

WARREN HAYNES
WARREN HAYNES
Million Voices Whisper
“È stato meraviglioso entrare in studio per registrare con questi musicisti fantastici. Questo album è molto diverso dai miei precedenti da solista... c’è tanto soul. È stato bello tornare in studio con Derek, come un fratello per me. Un grande ringraziamento a lui, così come a Lukas e Jamey per aver fatto parte della squadra. Sono davvero orgoglioso di questo nuovo album...” – È proprio Warren Haynes a rivelare l’atmosfera che ha permeato le registrazioni del suo ultimo album, Million Voices Whisper.

Classe 1960, originario di Asheville (Carolina del Nord), leggenda della chitarra elettrica, vocalist, songwriter, fondatore e frontman dei Gov't Mule, della Dickey Betts Band, colonna degli Allman Brothers, vincitore di Grammy Award e con una passione innata per il southern rock blues: non è difficile intuire che si tratta di Warren Haynes, oggi autore di Million Voices Whisper , il suo nuovo album da solista uscito 1° novembre 2024 su Fantasy Records.

Blues/rock e soul a profusione irrorano la tracklist di Million Voices Whisper , per 11 brani che profumano di quella passionalità, espressione e feel che Haynes elargisce a piene mani; è il quarto...

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album di Haynes da solista, il primo dopo quasi un decennio, e lui suona con l’energia, la concentrazione e l’intensità che ne fanno da sempre un maestro assoluto della seicorde, nonché un rocker appassionato e appassionante, dalla straordinaria musicalità.
Ad affiancare Haynes nel disco c’è la sua attuale all-star band – John Medeski (tastiere), Kevin Scott (bassista dei Gov’t Mule), Terence Higgins (della Dirty Dozen Brass Band) alla batteria – oltre che Lukas Nelson e Jamey Johnson. Ma non solo, ed infatti interviene anche Derek Trucks, “doppio-complice-antagonista” di Haynes nella Allman Brothers Band che, con l’inconfondibile sound della sua chitarra in sliding, si unisce in ben tre tracce del disco.

Haynes ha scelto Day Of Reckoning come singolo di presentazione del suo nuovo album: scritto insieme a Lukas Nelson, musicalmente adagiato in un mood di fine anni Sessanta ed inizio Settanta, il brano è un forte appello al cambiamento, il cui testo fornisce peraltro il titolo dell’album di Haynes: (Milioni di voci sussurrano [Million Voices Whisper ] diventano più forti quando cantano | Milioni di spiriti in attesa del giorno della resa dei conti...). Spiega Haynes riguardo a Day Of Reckoning : “Lukas, Jamey e io abbiamo cantato insieme nel Last Waltz Tour, qualche anno fa. Adoro il modo in cui le nostre voci si fondono ed ho voluto che ci riunissimo tutti e tre per Day Of Reckoning . Lukas ha fatto anche una straordinaria sortita chitarristica. Il brano parla di uguaglianza in una luce molto attuale, è un messaggio indirizzato a tutte le generazioni: “Non è mai troppo tardi per essere liberi...”

Intervistare Warren Haynes è sempre un piacere, prima ancora che un dovere professionale. Che si tratti di incontrarlo di persona, di chiacchierare con lui al telefono o di concedersi una videochiamata, il chitarrista statunitense riesce a infondere una sensazione di agio, benessere, familiarità. Saranno i modi gentili, i sorrisi, l’elargire risposte sincere; sarà lo sguardo accogliente, sarà il fatto che la grandezza di un artista si percepisce a pelle... Sarà tutto questo o altro ancora: sta di fatto che la dimensione umana e il talento di Haynes vanno di pari passo e toccano entrambi vette altissime. L’umiltà che lo contraddistingue fuoriesce dalle note della sua chitarra, da come concepisce le sue composizioni, dal suo modo di intendere la ritmica e la costruzione degli assoli, uniti alla timbrica della sua voce. La statura di Haynes, uno dei più acclamati chitarristi del pianeta, non solo in ambito blues, riluce ancor di più proprio in virtù del suo comportamento. Ed è naturale pensare che i tanti riconoscimenti, i tanti attestati di stima da parte di colleghi e musicisti, le tante collaborazioni, abbiano origine anche (e soprattutto) da quanto finora descritto: confermando che il leader dei Gov’t Mule è un musicista di rara sensibilità e, al tempo stesso, una splendida persona.

Abbiamo intercettato Warren Haynes con l’uscita del suo nuovo album da solista, Million Voices Whisper – tripudio di rock, blues, soul, voci e cori da brivido, gustosissime fughe chitarristiche ed ospiti illustri – e ci siamo fatti raccontare un po’ di cose, naturalmente inclusi gli strumenti che ha scelto di utilizzare in studio; poi abbiamo spostato la conversazione su piani diversi, spaziando dai ricordi legati alla sua militanza nella Allman Brothers Band all’amico Gregg, dagli albori della sua carriera a temi legati alla sfera religiosa. Ne è emersa, ancora una volta, l’immagine di un uomo sensibile, ma anche la percezione di un musicista che pare ben lontano dal voler riporre quei ferri del mestiere che da quattro decenni accompagnano la sua storia.

Buongiorno Warren, come stai?
Molto bene, grazie. Mi fa piacere ritrovarci ancora.

Entriamo subito nel vivo del tuo nuovo disco, "Million Voices Whisper": un album per certi aspetti diverso dai tuoi precedenti lavori solisti. Che cosa rappresenta per te un simile traguardo a questo punto della tua vita?
Penso che Million Voices Whisper abbia qualcosa in comune con Man In Motion (2011), soprattutto per il fatto che è intriso di soul, pur senza abbandonare gli stilemi della musica a cui sono legato. L’album riflette l’approccio alla composizione che ho maturato in questi ultimi anni e i brani sono per la maggior parte nuovissimi. Tutto è partito da 4 o 5 tracce e, quando ho capito che avrebbero potuto stare bene insieme, ho continuato a comporre in quella direzione fino a che il quadro non si è completato in maniera spontanea.

Da dove ha origine il titolo?
Si tratta di un verso del ritornello di Day of Reckoning : “One million voices whisper getting louder when we sing | One million spirits waiting on a day of reckoning”. Ho pensato che fosse una scelta appropriata per descrivere l’anima dell’intero lavoro.

Ci sono brani della tracklist che prediligi su tutti?
È una scelta dura, li amo tutti! Ad ogni modo, è stato fantastico poter avere Derek Trucks in studio, dunque sono particolarmente legato ai brani in cui lui è presente in veste di ospite speciale: These Changes, Real Real Love e Hall of Future Saints .

Nel brano che hai titolato "This Life As We Know" It parli di “positive feeling song”. Parlando in generale, quali sono i brani di questo tipo che più ami e che magari ti hanno ispirato?
Oh, wow! Questa è difficile. Direi però che, in generale, adoro i brani che racchiudono una scintilla di felicità come quelli della tradizione gospel, il primo tipo di sound che mi ha attratto fin da quando avevo all’incirca sei anni. Da ragazzino, ascoltando la musica gospel nell’auto dei miei genitori la domenica mattina, avevo intuito che stava succedendo qualcosa in me: avevo la pelle d’oca e avvertivo che ero in preda a un cambiamento. Una sensazione indescrivibile. Più tardi, avrei provato la stessa cosa con la voce di James Brown. La musica soul, che dal gospel deriva, regala sempre vibrazioni positive, eleva il tuo spirito, ti fa sentire meglio.

Non è un caso perciò che, ascoltando Million Voices Whisper, si abbia l’impressione di assistere a una vera e propria celebrazione… Proprio come quella tenuta dal reverendo Cleophus James [aka James Brown] nella celeberrima scena del film “The Blues Brothers” di John Landis (1980).
Yeah! Grazie.

A tal proposito, qual è il tuo rapporto con la religione?
Sono cresciuto come un Battista nella Carolina del Nord, ma ho smesso di andare in chiesa già da molto piccolo. Ho comunque le mie credenze e fanno capo alla sfera privata, ma nulla a che vedere con la religione organizzata. Credo in una forza superiore e nelle relazioni che ruotano attorno ad essa. Come musicista, cantante e songwriter, sento di avere un legame con quel qualcosa che ci ricorda costantemente perchè siamo qui e che ci concede l’abilità di fare quel che facciamo.

Restando in tema, ci dici qualcosa dei “santi” che citi in "Hall Of Future Saints"? Tra i tanti, Albert King, Son House, Elmore James, Miles Davis e John Coltrane. Che cosa provi nei loro confronti?
Credo che ogni songwriter prima o poi si ritrovi a comporre brani di questo tipo. Brani in cui non soltanto risultano evidenti le proprie influenze, ma veri e propri momenti che te ne fanno prendere consapevolezza. Per quanto mi riguarda, non mi era ancora capitato nulla di simile. Hall Of Future Saints è nato circa alle due del mattino, quando mi ero quasi addormentato, e successivamente completato con Derek [Trucks]. Io dico che nessuno di noi sarebbe qui senza le persone che nomino in quel brano; senza quei giganti, la musica che tutti noi amiamo non esisterebbe.

Un altro gigante, come ben sappiamo, è stato Gregg Allman. Nel tuo nuovo disco c’è un brano ("Real Real Love") che lui aveva iniziato a scrivere e che tu, per l’occasione, hai voluto portare a compimento. Quali sono i ricordi più preziosi che ti legano a lui?
Io e Gregg abbiamo scritto tanta musica insieme. E, sempre insieme, abbiamo viaggiato in tutto il mondo suonando in centinaia di concerti. I miei ricordi più significativi riguardano i momenti divertenti. Gregg era una persona timida e tranquilla, ma aveva un grande senso dell’umorismo. Ricordo ancora le tante risate sul tour bus con lui e Allen Woody, anch’egli spassoso a dire poco!

Ti capita mai di pensare ai tuoi anni nella ABB? Che cosa ti manca di più di quel periodo?
La musica degli Allman Brothers è unica. Nessuno potrebbe replicare quell’amalgama, quel sound, se non gli Allman stessi. Essere parte di quella squadra per 25 anni è stato qualcosa di incredibile. Pensando a quei momenti confesso che la mia mente vola alla prima formazione, quella con Duane Allman e Dickey Betts alla chitarra. Ero un loro fan sfegatato. La loro era magia pura e quando mi unii alla band fu qualcosa di speciale: era il 1989 e gli Allman Bros avevano ritrovato la chimica di un tempo. Lo stesso successe in seguito, quando mi sono trovato fianco a fianco con Derek Trucks: si trattava di onorare il passato e tutto quello che la band delle origini aveva edificato. Sono onorato di essere stato un membro degli Allman, i quali restano uno dei miei riferimenti in assoluto.

A proposito di Derek Trucks, con il quale duetti magnificamente in "Million Voices Whisper", ci sveli qualche trucco del tuo, e più in generale del vostro, modo di approcciare la costruzione di un assolo?
La costruzione di un assolo, specie se di lunga durata, è un’arte. Ne sono un esempio lampante i tanti eseguiti da Duane Allman e Dickey Betts nel live-album At Fillmore East del 1971. Per suonare in quel modo, è necessario lo sforzo della band, che deve salire, scendere, curvare, oscillare e immergersi con il solista. La chiave di volta per riuscire a creare un vero assolo è da ricercare in chi sta suonando con te.

Passiamo alle chitarre: quali ti sei portato in studio per le registrazioni "Million Voices Whisper"?
Rispetto agli ultimi due dischi dei Gov’t Mule, per i quali avevo organizzato un vero e proprio arsenale di strumenti, in questo caso mi sono limitato a due chitarre: la mia Gibson Les Paul Signature e una Gibson ES-335 Custom Shop. Parlando di amplificatori, ne ho combinati tre assieme: un combo Homestead [homesteadamps.com], un Alessandro [alessandro-products.com] ed un prototipo su cui sto lavorando con Gibson.

Una curiosità, Warren, riguardo al brano "These Changes" e al discorso dello scorrere del tempo: ci dici qualcosa in più?
Penso che si impari parecchio dalle esperienze che ci capitano nel corso della vita: soprattutto in relazione al capire ciò che è importante e ciò che invece è da lasciar andare. È proprio il tema di These Changes , in cui rifletto su quel che ognuno di noi, negli anni, si trova ad affrontare. Così come il dolore che, inevitabilmente, subentra di pari passo a certe scelte inevitabili.

A proposito di scelte, ce ne sono alcune che non rifaresti più se avessi la possibilità di tornare indietro?
Bella domanda. Sono certo che cambierei molte cose se ne avessi il modo. Probabilmente, la principale riguarderebbe la famiglia. Vorrei aver trascorso più tempo con i miei cari, cosa che, viaggiando così tanto, ha necessitato parecchi compromessi. Ad ogni modo, sarò per sempre grato riguardo alle opportunità che mi sono state offerte dalla vita e alle esperienze che ho vissuto. Che sia giusto o sbagliato, quando si presenta l’occasione tutti noi prendiamo decisioni che riteniamo essere le più importanti per quel preciso momento. Ed è naturale, umano, che sia così.

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