MARILLION An Hour Before It’s Dark
recensione
An Hour Before It’s Dark parla dell’umanità e delle sue debolezze, delle fragilità del pianeta, dei giorni bui vissuti all’ombra del virus, ma anche delle speranze per un futuro diverso. Un album nel quale certi momenti si snodano in suite, partendo dallo sconforto per poi approdare ad un pacato ottimismo; quello che con F.E.A.R. era stato messo temporaneamente da parte a favore di un...
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approccio più polemico e trasgressivo nei confronti di politica e politicanti.
Su tutto, come di consueto, la voce ipnotica di Steve Hogarth e le magistrali interpretazioni di tutti i membri della band. L’opener Be Hard On Yourself è il manifesto della sostanza dell’intero album, arricchito dalla robusta presenza del Choir Noir, da un arrangiamento che rifugge i paradigmi più convenzionali e da una pulsazione ritmica veloce e solida come un macigno. [Si tratta di un brano che il pubblico dei Marillion già conosce, poiché anticipato dalla band nel recente The Light At The End Of The Tunnel Tour]
Anche in Reprogram The Gene è la pulsazione ritmica la chiave del tutto: una buona melodia con un bridge azzeccato dominato dalle tastiere di Mark Kelly, che dà modo a Steve Rothery di traghettare la sua creatività in un poderoso assolo di stampo hard-rock. Un breve intermezzo con la ballad strumentale Only A Kiss, quindi l’aria viene invasa dal chorus irresistibile di Murder Machines, secondo singolo estratto, che sfoggia con orgoglio il possente tandem Trewavas/Mosley.
Segue The Crow And The Nightingale, nel puro e coinvolgente stile-Marillion, così come l’assolo di Rothery alla chitarra, per una atmosfera che si arricchisce della presenza degli In Praise of Folly, il celebre quartetto d’archi belga.
Sierra Leone riporta alle atmosfere più dark che i Marillion hanno percorso in F.E.A.R (2016) per poi consegnare ampio spazio alla sintonia tra la voce di Hogarth e l’onnipresente chitarra di Steve Rothery; le liriche narrano del mercato dei diamanti nella Sierra Leone, toccando nuovamente temi già cari ai Marillion, quali lo sfruttamento delle risorse naturali in nome di quella brama di potere e di denaro che sta alla base della società odierna.
Care non poteva essere la miglior chiosa dell’album, con i suoi 15 minuti di energia ed emozionanti visioni spinte al massimo: dinamiche che la fanno da padrona, texture efficaci, ed un arrangiamento epico dal grande impatto. In poche parole, una reale cascata di sensazioni.
Ed è proprio la capacità di An Hour Before It’s Dark a catapultare l’ascoltatore in un vortice di note, mood e riflessioni. Ancora una volta i Marillion si dimostrano maestri nel dispensare musica ed emozioni a profusione.
Come il precedente e super-applaudito F*** Everyone And Run (F E A R) del 2016, anche il nuovo An Hour Before It's Dark è stato registrato presso i Real World Studios di Peter Gabriel; in studio la band britannica al completo: Steve Hogarth (voce), Steve Rothery (chitarra), Pete Trewavas (basso), Ian Mosley (batteria) e Mark Kelly (key).
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