Gus G ed il nuovo album dei Firewind "Stand United"
intervista
Stand United è il titolo del decimo album in studio dei Firewind, band che Gus G ha avviato nell’ormai lontano 1998. Se la maggior parte dei chitarristi ha imparato a conoscere Gus G per il tempo speso al fianco di Ozzy Osbourne, il chitarrista greco classe 1980 vanta, in realtà, una lunga carriera con la sua band principale, i Firewind.
Formati a Salonicco sul finire degli anni ‘90, i Firewind hanno dato alle stampe il loro primo album nel 2002, per poi portare avanti una produzione discografica estremamente costante. La power-metal band greca è tutt’oggi fra le più in vista per il genere, e con Stand United, il nuovo album pubblicato ad inizio marzo 2024 per AFM Records, si è...
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subito imbarcata in una serie di date dal vivo che l’ha portata in lungo e in largo per il mondo.
Ciao Gus! Come stai? Sei su un tourbus se non vediamo male...
Ciao! Sì, al momento siamo in tour in Europa con i Firewind e stiamo viaggiando verso la Svezia dove terremo le ultime quattro date. Abbiamo iniziato a fine febbraio e fino ad ora è andato tutto molto bene, siamo veramente contenti dei risultati di questo tour.
Avete suonato anche brani tratti dal nuovo album, "Stand United"?
In effetti abbiamo suonato molti brani tratti da "Stand United", e siamo rimasti tutti molto colpiti dal tipo di apprezzamento che ci ha riservato il pubblico. Solitamente ci vuole molto più tempo prima che i fan assimilino un album, e perché lo conoscano abbastanza da partecipare seguendo tutti i brani dal vivo. "Stand United" è uscito soltanto ad inizio marzo, quindi sembra che i nostri fan abbiano fatto i loro compiti in anticipo. [ride] Scherzi a parte, è stato bello vedere ancora una volta come la nostra fanbase sia leale e ci segua in ogni nuova avventura. È un’ottima ricompensa per tanti anni di lavoro.
È vero. In effetti dopo la tua esperienza con Ozzy, in molti a volte tendono a dimenticare che in realtà i Firewind sono la tua band principale da molti anni.
Più di 20, a conti fatti, quasi 25 se contiamo le prime demo. È bello ripensare a quanto abbiamo fatto nell’arco di questo lasso di tempo, malgrado io mi sia preso una pausa obbligatoria per lavorare con Ozzy. Certo, oggi mi sento un po’ più vecchio, ma devo anche ammettere di aver iniziato molto giovane. Sarà perché sono in tour al momento, ma in questo periodo sono molto grato di poter essere ancora qui, nel 2024, a fare il lavoro che adoro ed essere ancora parte del music business.
Mantenere una posizione di rilievo nel mondo musicale non è facile, soprattutto nelle vesti di chitarrista, ma tu ci sei riuscito e nel tempo ti sei guadagnato uno status tale da poterti permettere una certa tranquillità lavorativa, non trovi?
In parte è così. Non saprei dire con certezza di essere ancora rilevante nel mondo della chitarra, perché al giorno d’oggi le cose vanno e vengono così velocemente da non lasciar troppo tempo a chi non sa tenere il passo. Senza dubbio i social media hanno cambiato molte cose in questo senso. Sono consapevole che il mio modo di suonare sia ormai parte del passato per molte persone, così come lo è la mia musica, ma penso anche che non si possa sempre seguire il flusso dettato dagli altri. A volte, per quanto possa suonare molto semplicistico, bisogna restare sulle proprie decisioni, e continuare a lavorare per migliorare. Credo che in fin dei conti, il lavoro e l’impegno siano le uniche cose a resistere al passare delle mode.
Molto saggio. Bisogna saper credere in sé stessi, e non è sempre facile a distanza di anni.
Sono d’accordo. A volte anche io me lo dimentico, ma quando abbiamo iniziato con i Firewind, negli anni 2000, gli assoli di chitarra non erano esattamente considerati molto “cool” nel mondo rock. Fin da allora abbiamo dovuto credere fortemente nella nostra proposta musicale per poterla far valere all’interno del settore, e penso che questo aspetto abbia plasmato a fondo il mio carattere e quello della band. Personalmente mi ha insegnato a perseguire nel mio scopo, che fondamentalmente era quello di continuare a migliorare come chitarrista.
A questo proposito, in "Stand United", così come in ogni altro album che ti vede protagonista, ci sono molte parti dall’alto tasso di difficoltà tecnica. Allo stesso tempo, però, l’album è ricco di melodie e di fraseggi cantabili. Hai sempre lavorato su entrambi gli aspetti con uguale costanza?
Ci ho provato, anche se mi rendo conto di aver ceduto più spesso nel dare spazio al lato tecnico a discapito di quello melodico. Nel tempo, però, anche grazie all’esperienza, sono riuscito a trovare il balance dei due ingredienti ed oggi sento di poter dire che il mio modo di suonare, ed il mio approccio alla chitarra, sia tanto tecnico quanto melodico.
Continui a porti degli obiettivi da raggiungere con la chitarra, oppure oggi si tratta più di mantenere in forma il tuo playing?
Mi piace pensare che le sfide non finiscano mai. Altrimenti, anche il mettere assieme un album, ad esempio, diventerebbe molto noioso. Ogni volta che scrivo un nuovo brano ricerco il modo in cui rinfrescare il mio linguaggio, e questo implica destinare molto più tempo alla realizzazione dello stesso. Ognuno di noi ha dei trucchetti che gli permettono di beneficiare della propria comfort zone, ma io dico che non si può affrontare la vita sempre in quel modo! Quindi, per tornare alla domanda, direi di sì, continuo a spingermi sempre un po’ oltre, cercando di alzare progressivamente l’asticella.
Negli anni sei riuscito a mantenere sempre un buon livello di esercizio?
No, assolutamente no. [ride] Dopo l’esperienza con Ozzy ho ripreso le redini dei Firewind in maniera completa, e ora ricopro anche il ruolo di manager per l’intera band. Come potete immaginare il tempo a mia disposizione non è moltissimo. In questo senso, tornando alla domanda di prima, tutto l’esercizio che riesco a fare lo sfrutto per mantenere la forma fisica sullo strumento e la mia costanza esecutiva. Diciamo che ho già speso abbastanza ore sulla chitarra da potermi permettere di non esercitarmi tutti i giorni, pur se la verità è che nessuno può abbandonare lo strumento senza perdere un po’ il tiro. Ecco perché devo sempre cercare di conservare la costanza anche nella pratica fuori dalla band. In tour è più facile, perché si suona quasi tutti i giorni e mi permette di non staccarmi mai troppo dalla chitarra, ma di certo non suono più così tanto come facevo quando ero un ragazzino. [ride] Erano altri tempi.
Dici che questo, nel corso degli anni, ha influito sull’aspetto creativo?
No, in quel senso sono rimasto esattamente lo stesso ragazzino affamato di riff che ero anni fa. Ancora oggi tutto parte da un riff, e quando ho trovato quello che sento giusto sotto le dita, allora è lì che si innesca tutto il processo di scrittura e creazione del brano.
Riguardo ai brani di "Stand United" hai optato per una preproduzione dettagliata da sottoporre ai tuoi compagni di band, oppure soltanto input e accenni?
Mi piace creare demo dettagliate, con le tracce di ogni strumento separate e le drum machine programmate ad hoc, ma lo faccio più che altro per me stesso perché di fatto, quando le presento alla band, tutti sanno che possono intervenire e filtrare le cose tramite i rispettivi gusti e personalità. Mi piace lavorare in studio e creare pertanto delle demo articolate ma, come dicevo, non per dare delle direttive ai miei compagni di band, ma piuttosto per consegnare loro l’idea di quel che potrebbe essere il sapore dei brani. Al giorno d’oggi si registrano degli album incredibili dalla propria camera da letto: pensiamo a Billie Eilish, ad esempio... album pop di gran caratura.
Probabilmente che si tratti di pop o heavy metal, oggi cambia di poco: la tecnologia permette di ottenere risultati incredibili in generale...
Sono d’accordo. Se pensiamo al mondo chitarristico ed al modo in cui la tecnologia si è evoluta, non è difficile capire come si possano registrare delle tracce professionali anche soltanto con un laptop. Stand United , ad esempio, l’ho registrato interamente nel mio home studio. Successivamente ho inviato le tracce D.I. al mio ingegnere del suono e ho lasciato che fosse lui a fare qualche magia per quanto riguarda i suoni. So che ha fatto del reamping per alcune tracce, ma per la maggior parte dei suoni tutto si è svolto grazie a plugin e IR.
E mentre registri a casa non usi più alcun tipo di strumentazione analogica? Neanche per il tuo monitoring personale?
No, molto raramente. Ho i miei amplificatori Blackstar, ma è da tanto che non li uso per registrare. A casa li utilizzo per praticare con la chitarra e il mio personale divertimento, ma per un album preferisco avere una traccia D.I. da inviare nuda-e-cruda così che possa essere lavorata a partire dal grado zero.
Per l’ascolto in cuffia mentre registri cosa utilizzi?
Svariati plugin. Per Stand United ho usato l’Ignite Emissary di STL Tones e molti suoni realizzati con l’IK Multimedia ToneX. Inoltre, dopo che mi sono stati inviati, ho preso ad utilizzare i nuovi plugin Blackstar St. James, che personalmente trovo molto buoni. Il bello è averne a disposizione un numero tale da poter scegliere qualsiasi tipo di suono serva per ogni singolo brano o parte di esso.
Quindi credi che la tecnologia digitale oggi abbia soppiantato ufficialmente quella analogica, perlomeno nel mondo hard&heavy?
No, ma sicuramente ha posto le basi per offrire un’alternativa valida. Credo che non esista una risposta giusta ed una sbagliata, penso che digitale e analogico oggi possano coesistere felicemente, cosa che non accadeva fino a qualche anno fa. Quello che è successo è che si è assottigliata la disparità fra i due tipi di tecnologia. Se una volta l’amplificatore era insostituibile, oggi non è obbligatoriamente così. Ricordo che i primi modeler che ho provato erano assolutamente inadeguati al sostituire un amplificatore, ma la tecnologia ha fatto passi da gigante ed oggi un plugin può offrire suoni altrettanto validi.
Probabilmente la tecnologia che ha cambiato tutto è quella dietro Impulse Response e simulazioni d’ambiente... Concordo. Una buona emulazione di cabinet fa la differenza tra un modeler o un plugin scadenti, ed uno che può giocare alla pari con un amplificatore reale. Credo che sia l’elemento che determina in maniera più drastica la percezione del suono. Oltre a ciò, le IR [Impulse Response] hanno cambiato radicalmente anche il mondo dell’amplificazione analogica, perché è possibile sfruttarle anche con un amplificatore a valvole. Inoltre oggi molti brand sono in grado di integrare un IR Loader in amplificatori dalle dimensioni molto contenute. Credo che sia un bel momento per essere dei chitarristi. C’è molta scelta a disposizione, e non è difficile ottenere suoni di qualità.
Per le tracce di chitarra di "Stand United" hai usato esclusivamente le tue signature?
Sì, esattamente. Le mie Jackson Signature sono tutto ciò che mi serve. Sono chitarre di cui vado molto fiero, e ogni volta non smettono di sorprendermi per suono, suonabilità e comfort.
Gus, sai dirci se ti potremo vedere in Italia con i Firewind prossimamente?
Ne sono certo. In questa prima parte del tour europeo non siamo passati dall’Italia, ma so già che nella seconda parte del tour ci sono degli appuntamenti nel vostro Paese. Quindi posso confermarlo al 100%.
È stato un piacere Gus. Goditi queste ultime date del tour.
Lo farò. Grazie di questa chiacchierata. Ci vediamo presto!
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