ACCEPT "Humanoid"

di Patrizia Marinelli
03 giugno 2024

recensione

Accept
Humanoid
Napalm Records
Mettere in guardia l’uomo moderno sottoposto agli effetti della tecnologia più esasperata: è questo il messaggio di "Humanoid", la 17esima fatica discografica dei teutonici Accept.
È un sound vecchio-stile, il loro, ruvido, graffiante, carico di punch, che ha saputo valicare tendenze e mode, plasmare ad hoc i loro album ed entusiasmare intere schiere di fans... non è un caso che la band di Solingen abbia venduto ad oggi più di 27 milioni di copie nel mondo e sia a tutt’oggi intenzionata a cavalcare i territori del rock più duro e heavy.
Insomma, con Humanoid gli Accept – ovvero Wolf Hoffmann (chitarra lead), Mark Tornillo (microfono), Uwe Lulis (chitarra ritmica), Martin Motnik (basso), Philip Shouse (chitarra ritmica) e Christopher Williams (batteria) – dimostrano di saperla ancora lunga e di avere ancora qualcosa da insegnare alle giovani rock band.

Nella tracklist fatta di undici brani, si distinguono particolarmente gli interventi della chitarra di Hoffmann, mastermind della formazione tedesca, il quale stavolta non si destreggia soltanto tra velocità e note, ma si mette alla prova anche con virtuosismi e classici stilemi. Dal canto suo, la voce di Tornillo non fa una piega, e la ritmica potente e martellante confeziona chorus, ritmi e groove senza...

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risparmio: una formula che in fondo è sempre la stessa, ma che ogni volta entusiasma i fans e ne fa di nuovi.

"Humanoid" parte alla grande con "Diving Into Sin" e i riflettori sono tutti puntati su Mark Tornillo, con la sua voce con sfumature à-la AC/DC e la spinta decisa che ha attratto i fans sin dal suo ingresso in squadra, 15 anni fa. Naturalmente, in questo brano non manca il tocco di un Hoffmann particolarmente in forma, il quale si aggiudica la scena anche nel brano successivo, "Humanoid", vero e proprio manifesto sonoro dell’album e degli interrogativi che si pone.

Seguono l’ironico "Frankenstein", vero inno agli anni Ottanta con un fraseggio che cattura e diverte e, stesso mood per il successivo "Man Up". Divertimento e vitalità in puro stile R&R sono alla base di "The Reckoning": ben congegnato, in bilico tra schiettezza e manipolazione, pare proprio destinato a divenire uno dei nuovi classici degli Accept.

E’ con il fraseggio coinvolgente di "Nobody Gets Out Alive2 che la chitarra torna in primo piano, per poi lasciare spazio alla prima ballad dell’album, "Ravages Of Time", l’occasione per Tornillo di sfoggiare il fascino della sua voce melodica, in realtà poco usata in tali termini, ma molto adeguata ed appropriata.

Dopo "Unbreakable" e "Mind Games", due episodi che più Accept non si può, è la volta di "Straight Up Jack", brano intento a celebrare la vita da rockstar, seguito a ruota dal trascinante "Southside Of Hell" che va a chiudere la tracklist.

Prodotto dal leggendario Andy Sneap (Judas Priest, Testament, Saxon…), "Humanoid" fronteggia a muso duro tematiche sociali e interrogativi, mescolando dinamiche feroci, fraseggi incendiari, groove possenti, e anche dosi di humor quando necessario a stemperare l’atmosfera; il format è quello di sempre? Beh, come tale così deve essere e gli Accept ci mettono sopra la loro firma.

WOLF HOFFMANN RISPONDE A QUALCHE DOMANDA...

Il tema conduttore di Humanoid, l’ultimo degli Accept, è la sempre crescente dipendenza dell’essere umano nei riguardi della tecnologia, tu che ne pensi?
E’ un fenomeno che in qualche modo mi preoccupa e mi riguarda come riguarda tutti noi. Dobbiamo tenere gli occhi aperti su quello che succede nel mondo; siamo nell’era della digitalizzazione e quindi nel bel mezzo di una trasformazione sociale che sta portando cambiamenti e ne porterà altri. Voglio dire, io sono cresciuto in un periodo in cui queste cose non esistevano proprio; non c’era internet, nessuno aveva un computer, nessuno aveva un cellulare. Erano tempi diversi, certo, ma adesso ogni aspetto della nostra vita sta diventando tecnologico.
Fino a poco tempo fa la tecnologia era un grosso ausilio per assemblare macchinari di ogni tipo, parti di automobili, elettrodomestici e chissà cos’altro, ma ora si parla di intelligenza artificiale, addirittura impiegabile per creare canzoni, video e film. Ho sempre pensato che l’arte e la creatività fossero la risultante dell’estro degli esseri umani ma probabilmente non è più così… E’ un tema che mi fa riflettere ed è il motivo che mi ha portato a scrivere i brani di Humanoid.

Non credi però che la tecnologia offra i suoi lati positivi?
Certo, ce ne sono tantissimi! L’altro giorno mi sono messo in viaggio per Parigi e ho acquistato il mio biglietto online. Mentre ero sul treno ho parlato con persone in Germania e Stati Uniti e ho inviato messaggi ed email... se penso a quando una telefonata all’estero ti costava una fortuna e alla linea che era pessima... Indubbiamente sono grossi vantaggi.

A proposito della tecnologia, vi avvalete dei mezzi odierni?
Utilizziamo ProTool e i vari apparati digitali destinati alla registrazione, ma l’attitudine del suonare resta quella di vecchio stampo. E’ come scrivere un libro: una volta lo facevi con la biro in mano, poi con la macchina per scrivere ed ora con il computer. La stessa cosa avviene con la nostra musica: sono cambiati i mezzi, ma non l’ispirazione e il modo di suonare. Puoi avvalerti delle tecnologie più avanzate, ma ci sono cose che non cambieranno mai: i musicisti che suonano, l’esperienza, il palco, l’emozione che condividi con chi è lì ad ascoltarti... nulla di tutto questo ha a che fare con la digitalizzazione.

Riguardo alla musica degli Accept, hai dichiarato che le idee non ti mancano mai, qual è il tuo segreto?
Non si tratta di segreto, pur se mi piacerebbe che ci fosse. Credo che si tratti di una combinazione di elementi... amo la mia vita, amo quello che faccio e la musica per me non è routine ma passione. Allo stesso tempo sono consapevole dell’eredità degli Accept e dunque molto attento a mantenere salda la rotta del songwriting. Ma ci sono altre persone, come Andy [Sneap] ad esempio, che mi aiutano a direzionare in maniera adeguata la composizione e la registrazione dei brani. Per non parlare di Mark [Tornillo] che è un cantante fantastico, di Christopher [Williams] che è un batterista eccezionale, e di tutti i ragazzi della band. Tutti fanno la loro parte, mettendoci esperienza e passione. In sostanza, l’importante è concepire l’idea di un brano, poi il resto scorre via alla grande.

In quanto a "Humanoid", c’è un brano che per te, per qualche ragione, ha un significato particolare?
Tutti hanno un significato particolare, ma se devo citarne qualcuno, ti dico South Side Of Hell, un brano molto divertente da suonare, ed anche Revenge Of Time, frutto di una riflessione onesta sul fatto che non siamo più i teenager che invece vorremmo essere. In sostanza, per quanto mi riguarda, scrivo brani metal da quasi cinquanta anni e fingo di averne sedici!

A quali chitarre e ampli ti affidi?
Utilizzo esclusivamente le chitarre Framus, in studio e sul palco, inclusa naturalmente la mia signature WH1 V-design. In quanto agli amplificatori, sul palco mi porto il mio Kemper.

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