ARJEN LUCASSEN’S SUPERSONIC REVOLUTION Golden Age Of Music

di Patrizia Marinelli
01 luglio 2023
Arjen Lucassen cambia musica o, quantomeno, si allontana (in parte) dall’orbita del prog rock in cui gravita sin dagli esordi: è quel che accade nelle 12 tracce del nuovo Golden Age Of Music, il progetto che egli sigla Supersonic Revolution.

Non che il nuovo album sia completamente privo delle atmosfere di stampo prog e symphonic rock, ma di certo i lunghi assoli chitarristici e le orchestrazioni epiche alle quali il musicista olandese ha abituato il suo pubblico, in Golden Age Of Music non ci sono; c’è invece tanto hard rock in stile Seventies, qualche ballad, qualche strizzatina d’occhio all’R&B ed una band di quattro elementi. Accanto ad Arjen, infatti, ci sono Joost van den Broek (tastiere), Timo Somers (chitarre), Keon Herfst (batteria) e John “Jaycee” Cuijpers al microfono: questa volta, una formazione snella, priva della nutrita presenza di ospiti speciali dei quali Lucassen è solito circondarsi in studio.

Golden Age Of Music è un condensato di hard rock in stile anni ‘70, come si diceva, che non rinuncia però a certe svisate nel prog, come dimostra SR Prelude (la breve intro strumentale à-la Keith Emerson con tanto di organo Hammond a vestire il sound),...

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ma anche The Glamattack (brano che chiama alla mente atmosfere à-la Deep Purple e Rainbow, di nuovo con l’Hammond a dirigere le danze).

In pieno stile hard rock ‘70, il brano che dà il titolo all’album è perlopiù un coeso e cantabile dialogo chitarre/tastiere; poi si passa a The Rise Of The Starman che sin dal titolo riporta alla mente i fasti del David Bowie di Space Oddity, per approdare al successivo Burn It Down, di nuovo un riferimento alla musica dei Deep Purple.

Odyssey è un viaggio nel prog metal con i suoi tipici cambi di tempo, mentre il successivo They Took Us By Storm, di nuovo con l’Hammond a salire in cattedra, riesce a conciliare l’elaborata esecuzione con gli stilemi di un hard rock scarno ed essenziale.

Dopo Golden Boy, ottavo episodio della tracklist, è la volta di Holy Holy Ground, una ballad dai toni lievi e soffici che lascia posto dapprima a Fight Of The Century con i suoi robusti riff di chitarra fusi con strofe quasi pop, e poi a Came To Mock, Stayed To Rock, l’episodio che chiude la carrellata di inediti dell’album in questione.

La tracklist si completa con quattro cover: Children Of The Revolution (T-Rex), Heard It On The X (ZZ Top), Fantasy (Earth Wind & Fire) e Love Is All (Roger Glover).

Stando all’energia e interplay profusi tra le tracce, si direbbe proprio che i Supersonic Revolution si siano divertiti a sperimentare all’insegna della leggerezza… ma mai banale.

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