STRYPER Michael Sweet

di Patrizia Marinelli
13 novembre 2024

intervista

Stryper
Michael Sweet
When We Were Kings
Gli Stryper celebrano i quaranta anni di carriera con il nuovo e dodicesimo album che titolano When We Were Kings...

Forti di un sound heavy che non fa sconti a nessuno, ma anche di quella ideologia che li lega a precisi valori e convinzioni religiose, i pionieri del Christian Metal originari di Orange County (California), conoscono bene il mestiere. Sì, loro sono gli Stryper capitanati dal chitarrista e vocalist Michael Sweet, e non c’è dubbio che con ogni album sanno come infiammare la pletora di fans che li segue dagli esordi.

Suoni anni Ottanta, beat cadenzati, riff sornioni, voce e cori calibrati a dovere, lodi al cielo divino e l’immancabile immagine di rocker che alla vita hanno chiesto tanto: gli Stryper si affidano a una ricetta che conoscono bene ed il nuovo When We Were Kings (Frontiers Music) ne dosa ad hoc gli ingredienti ancora una volta. Dunque, nessuna grossa sorpresa dalla rock band californiana, bensì qualche svisata giocata sui mid-tempo (vedi il brano che dà il titolo all’album ed anche Rhyme Of Time), su bordate meno potenti (End Of Days), sul calibrato balance degli strumenti e sullo spazio dato a ballad ariose e appassionate (Grateful). Il tutto per...

l'articolo continua...

una tracklist di 11 tracce ben suonate e confezionate come lo stile-Stryper impone sin dagli Ottanta, quando, cavalcando le onde del glam metal infiammavano i palchi ed agguantavano le classifiche. La loro essenza è tutta lì e con ogni nuovo album e ogni lineup fuoriesce coerente a sé stessa.

Chitarrista, pianista, songwriter e produttore, Michael Sweet (classe1963), si conferma il punto di riferimento degli Stryper, che ha lasciato nel 1992 per farne ritorno sette anni dopo. Abbiamo intercettato Michael Sweet dopo l’uscita del singolo per la presentazione di When We Were Kings ed abbiamo fatto con lui l’interessante chiacchierata che segue.

Michael Sweet lega da sempre la sua vita alla passione per la chitarra e per il rock più sanguigno. Fonda gli Stryper nel 1982 e sono la prima Christian Metal Band ad entrare sulla scena. I testi dei brani narrano di precise convinzioni religiose e non è un caso che ciò procuri accese diatribe nel music-biz. Tuttavia, la band continua imperterrita sulla sua strada e nel 1984 pubblica il primo album, The Yellow And Black Attack, accolto tiepidamente. Nel 1985 è la volta di Soldiers Under Command e questa volta il successo è clamoroso; vende più di mezzo milione di copie e diviene disco d’oro. Ulteriori best-seller si avvicendano a capitoli meno riusciti poi, dal 1990 il declino, lo split, problemi di salute e la carriera di Sweet da solista. [Il suo primo e omonimo album vende ben 250.000 copie] Nel 1999 la band riparte ma è per poco, ma nel 2003 la reunion è definitiva: nella lineup ci sono Michael Sweet alla chitarra e microfono, Oz Fox alla chitarra ed il fratello di Michael, Robert Sweet dietro i tamburi. In quanto al basso, invece, dapprima c’è Tim Gaines, poi Tracy Ferrie e dal 2017 Perry Richardson, a tutt’oggi nella formazione californiana che pare proprio intenzionata ad andare avanti.


Michael Sweet (vocal/guitar/key) – Robert Sweet (drum) – Oz Fox (guitar) – Perry Richardson (bass)

Ciao Michael, eccoci qui a parlare con te degli Stryper e del nuovo When We Were Kings: è sempre un’emozione pubblicare un nuovo disco?
Ogni volta che esce un nuovo album, che sia degli Stryper, un mio disco solista o un side project, ne sono onorato. Voglio dire, potrei essere uno di quelli che devono farsi in quattro per registrare un disco, per fare musica, per realizzare i loro sogni, mentre io sono fortunato perché posso fare quello che voglio nel modo che voglio. Lì fuori ci sono i fans, che sono il motivo per cui facciamo tutto questo. Quindi mi sento davvero un privilegiato, pur se so che nulla va dato per scontato, visto che anche i privilegi potrebbero sparire da un momento all’altro. Ripeto, sono onorato di poter ancora fare musica e dischi.

Parliamo del singolo End Of Days, il brano che espone il vostro lato più heavy. E’ stato questo il motivo che vi ha spinto a sceglierlo per la presentazione del disco?
In effetti è sempre stata la nostra intenzione quella di far uscire quei brani definibili “wake-up call”: insomma, quei brani che catturano l’attenzione degli ascoltatori e lo portano ad ascoltare il resto dell’album. Secondo noi End Of Days è uno di quelli, sia riguardo alla musica che al testo.

Nell’album trovano posto anche le ballad, come ad esempio Betrayed By Love, molto intensa e dark: com’è nata?
Mi sono contrato su un habitat incisivo e carico ma che doveva suonare in forma di ballad, non volevo fare un altro pezzo tipo Honestly [1986], per esempio. Non che ci sia niente di sbagliato in una ballad col pianoforte, ma io volevo un pezzo che fosse incentrato sulla chitarra, una guitar-ballad, e con un testo che narrasse del tradimento in amore. In fondo essere traditi in amore è una cosa che è successa un po’ a tutti. Siamo tutti su questo pianeta, giusto? E’ una cosa negativa ma succede. Poteva essere quindi una ballad suonata dal pianoforte e con un testo che narrava di come fare conquiste in amore, ma volevamo qualcosa di diverso e questa ci è parsa la song perfetta. In finale, è diventata anche una delle mie preferite dell’album e a sentire varie opinioni, anche la preferita di molti altri.

Parlando di ballad, ce n’è una del repertorio Stryper che prediligi su tutte?
First Love. [1985] Mi piace il feeling, l’assolo di chitarra, e poi direi appunto Betrayed By Love. Anzi, ce n’è un’altra che mi piace moltissimo ed è Near. [2022] Questi pezzi sono un po’ come la ricetta del pancake: molta dolcezza ma con un pizzico di cannella sopra. Mi piacciono questi tipi di pezzi forse perché sono cresciuto ascoltando i Journey e i Survivor.

Tornando al nuovo disco: c’è stato un brano particolarmente impegnativo da registrare?
Direi Imperfect World, che è l’ultimo della tracklist, e la ragione è che si tratta di un pezzo piuttosto complicato ed abbiamo cercato di spingerci oltre per superare certe barriere.

C’è un brano del disco che più si discosta dall’impriting degli Stryper?
Love Symphony. Probabilmente non è un pezzo che il pubblico si aspetterebbe dagli Stryper. La batteria e la cassa, ad esempio, marcano cambi di tempo e di ritmo, mentre la chitarra sfodera assoli, pur se, a ben vedere, anche in passato nei nostri album gli assoli non sono mai mancati. Inoltre, volevo essere sicuro che ci fossero anche dei chorus che le persone potessero cantare nei concerti, agitando le braccia in alto. Questa volta abbiamo puntato a mantenere quello che definirei il sound endemico della band.

Che genere di equipment hai utilizzato per le registrazioni di When We Were Kings?
Premetto che sono ossessionato da chitarre e strumenti e praticamente vivo circondato da loro. Per questo album ho usato le mie Sully Guitars, un marchio del Texas che fa chitarre magnifiche, tra cui una Revolution, una Concorde, una Supernova ed una ’71 Trella; con pickup Fishman Fluence Townsend Signature o Lollar. Come pedali ho usato in prevalenza Pitch Shifting e vari delay Eventide, Dunlop, MXR e Boss. Non uso reverberi. Per l’amplificazione ho utilizzato due testate, una EVH 50 Watt EL34 ed una KRS 45 Watt Orion: ho doppiato le tracce di chitarra suonando una prima take con una di esse ed una seconda con l’altra, e poi le ho mixate per un sound più grosso e robusto. Ho anche utilizzato un Eq parametrico Tech21 Q/Strip posto in catena prima dell’ampli. Cabinet EVH Heritage con speaker Celestion 30W. Infine, sulle chitarre ho montato corde Ernie Ball Hybrid 008-046.

Negli Stryper sei fianco a fianco con tuo fratello Robert, batterista. Dici che fare parte della stessa band influisce sul vostro rapporto personale?
Per certi punti di vista sì e per altri no. Da una parte è una esperienza meravigliose e da un’altra è invece un’esperienza difficoltosa. Sai, diversità di vedute, soprattutto dal punto di vista finanziario. Che sia tuo fratello o meno, devi comunque cercare di far capire che ad esempio certe cifre importanti non si possono spendere, che bisogna fare attenzione, e talvolta non tutti non lo capiscono e per loro diventa frustrante. Al di là di ciò, suonare insieme è una gran bella cosa. Io e Robert ci vogliamo bene e quando ci ritroviamo su un palco a suonare insieme i pezzi degli Stryper, le eventuali tensioni svaniscono e tutto diventa grandioso.

Stryper a parte, nel 1994 hai dato il via alla tua carriera di solista, continuerai in futuro in tal senso?
Ho appena completato un album che considero alla stregua di un mio album solista. L’ho realizzato con un amico e dovrebbe uscire per l’inizio del prossimo anno. Per tornare alla domanda, la risposta è sì, continuerò a fare dischi anche al di fuori degli Stryper perché ciò mi dà l’opportunità di esprimere me stesso a tutto tondo, cosa che ragionevolmente non posso fare all’interno della band.

Una domanda inevitabile, quando hai iniziato con la musica?
Ho cominciato a suonare la chitarra a cinque anni e a cantare professionalmente, sempre sui cinque anni, poi a undici mi sono unito alla band di mio fratello. La chitarra è sempre stata il mio primo amore e sono letteralmente affascinato da questo strumento. Amo anche cantare, ma mi considero prima di tutto un chitarrista e poi un vocalist. Ho l’idea che la maggior parte delle persone mi veda principalmente come un cantante e poi come un chitarrista e questo perché sono in una band dove c'è un altro chitarrista. Anzi, confesso che ci sono parecchi fans degli Stryper che non sanno che io suono la chitarra! Per loro sono il cantante della band e basta. E’ un fatto strano ma che ci vuoi fare?!

Quali sono i chitarristi che ti hanno portato a imbracciare la chitarra?
Da ragazzino facevo quel che si chiama air-guitar. Saltavo sul letto fingendo di essere Chuck Berry... Sentirlo suonare e vederlo nei video mi ha ispirato davvero. Tra i miei riferimenti c’è stato John Fogerty con i Creedence Clearwater Revival, adoravo i suoi riff, ed anche Michael Schenker. Crescendo mi sono inevitabilmente avvicinato a Edward Van Halen e Randy Rhoads.

Concedici una domanda divertente, se tu fossi diventato un chitarrista, quale altra professione avresti intrapreso?
Questa è davvero una bella domanda... Talvolta ho pensato che mi sarebbe piaciuto fare il medico e più spesso l’ingegnere, visto che mi piacciono le costruzioni. Avrei terminato l’università e mi sarei trovato un lavoro in quel settore. Fare il musicista non è sempre facilissimo, soprattutto se parliamo di come riuscire a pagare i conti. Non è un mestiere che ti offre la stabilità economica. Ci sono periodi buoni e periodi meno buoni, tuttavia non lo cambierei con null’altro al mondo perché la musica è la mia vita. Amo quello che faccio ed ogni giorno lavoro facendo quello che più amo.

Torniamo agli Stryper: ora siete in tour, giusto?
Sì, siamo in tour da settembre e suoneremo fino alla fine dell’anno. Poi riprenderemo il prossimo anno, anche in Europa, per poi passare a Canada, Messico, Sud America, Giappone e Australia.

Passerete anche qui in Italia?
Assolutamente sì. Abbiamo suonato diverse volte nel vostro Paese e non vediamo l’ora di tornarci... oltretutto adesso che la nostra etichetta è proprio italiana...

Podcast

Album del mese

Willie Nelson
My Life, è una lunga storia...
Il Castello/Chinaski Edizioni

My Life, è una lunga storia... Ebbene sì, si tratta dell’autobiografia che Willie Nelson ha messo a punto con David Ritz, tradotta in italiano per...

The Decemberist
As It Ever Was, So It Will Be Again
Yabb Records

Tredici nuovi brani, di cui – dulcis in fundo, è proprio il caso di dirlo – una lunga suite di circa 20 minuti: si tratta...

Ray Lamontagne
Long Way Home
Liula / Thirty Tigers

Se c’è una domanda che possiamo rivolgere a Ray LaMontagne, è questa: com’è che ogni suo nuovo lavoro si impone a rotazione e non lascia...