MUIREANN BRADLEY "I Kept These Old Blues"
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intervista
Immaginate di chiamarvi Muireann Bradley e di essere definiti il raro talento che fa la sua eccezionale comparsa soltanto una volta ogni cambio generazionale (letteralmente “once-in-a-generation talent”).
Nata a Ballybofey, nella Contea irlandese di Donegal, il 18 dicembre 2006, Muireann inizia a suonare la chitarra grazie al padre, John, la cui passione per la seicorde e per il blues americano degli anni Venti e Trenta fa breccia nel suo cuore. E’ a 9 anni che la giovane Muireann, accantonati gli allenamenti e le gare di jiu-jitsu, decide di focalizzare l’attenzione sulla chitarra seguendo le orme paterne e finendo per sviluppare in men che non si dica una maestria fuori dal comune.
Ben presto Muireann è già pronta per il debutto: un piccolo disco di culto – I Kept These Old Blues – quasi a voler enfatizzare sin dal titolo...
l'articolo continua...
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il desiderio di preservare e portare (nuovamente) in auge artisti, voci e brani che, come tutti i veri classici, in realtà non hanno mai smesso di influenzare il corso della musica, poiché ancora oggi materia viva, pulsante e meravigliosamente contagiosa.
Elizabeth Cotten, Memphis Minnie, Blind Blake, il Rev. Gary Davis, sono soltanto alcuni dei riferimenti che fluiscono come un fiume in piena dalla bocca di Muireann Bradley, felice di poter raccontare ancora e ancora il suo amore per un genere – il blues – la cui potenza l’ha resa l’artista colta e gentile che oggi è. Il fatto che ora sia appena diciottenne ha dell’incredibile: il suo sorriso è quello di una ragazzina, ma la sicurezza di Muireann nell’affrontare ogni tipo di argomento, tecnico e non, è quello di una donna con almeno qualche decennio in più sulle spalle. Per non parlare del fascino che esercitano le sue dita in azione sul manico della chitarra acustica, sia essa una Waterloo (del liutaio americano Bill Collings) o una seicorde costruita dall’artigiano irlandese Ciarán McNally appositamente per lei: mano destra e mano sinistra veleggiano sulle corde con grazia e fare poetico. Ascoltarla suonare i 12 standard racchiusi nel suo disco (Candyman, Shake Sugaree, Stag-O-Lee, Freight Train ...) è pura estasi. Si ha la sensazione di viaggiare nel tempo e di prendersi una piacevole pausa dalla frenesia della quotidianità: tutto grazie al dono innato di Miss Muireann Bradley il cui nome, ne siamo certi, conoscerà un’eco gigantesca.
Abbiamo intercettato Muireann Bradley pochi giorni fa, agli albori di quello che si prospetta un successo planetario, tra un viaggio appena concluso negli States e il bagaglio quasi pronto per l’Australia.
Buongiorno Muireann, è un piacere conoscerti.
Ciao, il piacere è mio!
Per favore, toglici subito un dubbio. Come si pronuncia correttamente il tuo nome? E qual è la sua origine?
La pronuncia è “Murren”. È un nome irlandese, parecchio diffuso anche in Scozia. La sua origine è celtica e credo significhi fata del mare o qualcosa di simile.
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Sei così giovane e al tempo stesso già così conosciuta e stimata a livello mondiale per la tua eccezionale tecnica fingerstyle. Come descriveresti questa fase della tua vita?
Si tratta probabilmente del periodo più eccitante della mia esistenza, fitto di impegni e spostamenti. Una roba folle!
Che cosa ritieni che possa trasmettere il blues alle nuove generazioni?
Innanzitutto, penso che il blues degli inizi del Novecento stia morendo. Ed è necessario riportarlo in auge. I giovani devono sapere che molta della musica di oggi arriva da lì. Lo stesso Jimi Hendrix ne era influenzato.
La tua conoscenza dei territori del blues, con tutto quel bagaglio di linguaggi, suoni e interpreti, è palese; hai mai pensato a composizioni tue?
Sì, proprio quest’anno ho iniziato a dare vita alle mie canzoni; non lo avevo mai fatto prima ed è un mondo nuovo per me, ma credo di essere nella direzione giusta ed aggiungo che mi viene naturale pensare prima alle parti di chitarra e alle melodie piuttosto che alle parole. Ci sto lavorando sopra.
Sappiamo che "Blues Breakers" – ovvero ‘The Beano Album’ di John Mayall & The Bluesbreakers – era una presenza fissa nell’auto di tuo padre. Quali altri dischi hanno accompagnato la tua crescita musicale?
Un altro disco che ho ascoltato moltissimo si intitola Harlem Street Singer (1960) del Rev. Gary Davis. Ho sempre adorato quel disco, così come lo stile chitarristico di Davis.
Parlando invece dei tuoi gusti in fatto di voci, quali sono gli interpreti che prediligi?
Il Rev. Gary Davis, di nuovo. La sua voce è davvero unica. Poi direi Robert Johnson, Blind Lemon Jefferson e Memphis Minnie.
Riguardo ai chitarristi, invece? Quali sono i nomi che hanno contribuito alla tua formazione?
Oltre a quelli già citati, aggiungerei Stefan Grossman, Roy Book Binder, Ari Eisinger (la mia versione di When The Levee Breaks gli deve parecchio!) e, in particolare, Blind Blake: adoro il suo modo di suonare. È stato uno dei chitarristi ragtime più grandi di sempre. Mi piace tanto anche Sierra Ferrell, sia come cantante, sia come musicista nei generi country e Americana.
Con quale artista, invece, ti piacerebbe condividere il palco prima o poi?
Bonnie Raitt, anche se lei appartiene più al versante elettrico. Se mai succedesse, per me sarebbe davvero un sogno.
Hai preso lezioni di chitarra o sei autodidatta?
Ho imparato suonando con mio padre, è stato lui il mio solo e unico maestro, sin da quando avevo nove anni!
I nostri lettori saranno sicuramente curiosi di scoprire qualche dettaglio sulle tue chitarre...
La chitarra che Ciarán McNally ha costruito per me è una di quelle che preferisco. La trovo perfetta, con un suono fantastico. Delle mie Waterloo, invece, più che quella nera prediligo la WL-S Deluxe, il cui design ricorda una vecchia Stella degli anni Trenta. È la seicorde ideale per suonare country blues e ragtime.
C’è una chitarra che ti piacerebbe avere e che ancora non hai?
Vorrei tanto mettere le mani su una vecchia Martin. Ne ho provata una meravigliosa, credo una 00-18, se non sbaglio la stessa che utilizzava Elizabeth Cotten.
Che cosa puoi dirci invece a proposito di accordature?
Di solito adotto l’accordatura standard, ad eccezione dei brani in open E, open A e drop D. Ho dovuto adattare le corde sulla base della mia voce, che non è molto profonda.
Quali pensi che siano gli elementi che rendono il tuo stile così riconoscibile?
Certamente il fatto che nessuno dei miei coetanei suoni questo genere di musica! È qualcosa di unico. Anzi, forse proprio il fatto che io sia la sola a suonarlo lo rende unico.
Com’è stata la tua fanciullezza in Irlanda?
Sono nata e cresciuta in una casa di campagna nel Donegal. La mia infanzia è stata splendida, fatta di lunghe ore trascorse in giardino a suonare.
Ci hai detto di tuo padre e della passione per la musica che ha saputo instillarti... come descriveresti la tua famiglia?
La musica ha sempre avuto una grande rilevanza in casa nostra. Oltre ai miei genitori, ho un fratello e una sorella più piccoli. Mio fratello, in particolare, è un ottimo pianista blues.
Preferisci la dimensione dello studio di registrazione o le esibizioni dal vivo?
Posso dire che per questo mio album [I Kept These Old Blues ] ho sperimentato soltanto il sapore di un piccolo home studio. A New York, invece, ho avuto modo di apprezzare di recente le pareti di sale d’incisione professionali. In quanto al suonare dal vivo, è una delle mie più grandi passioni!
Hai qualche sogno nel cassetto che ti va di confidarci?
Avere una carriera di successo, pubblicare altri album, scrivere le mie canzoni e viaggiare in lungo e in largo per il mondo.
Farai un salto anche in Italia?
Riguardo all’Europa, sono stata un po’ di volte in Olanda e so che andrò in Spagna, ma l’Italia è senza dubbio in cima alla lista dei desideri.
Coltivi altri interessi, oltre alla musica, nel tempo libero?
In passato mi sono concentrata sullo sport, jiu-jitsu brasiliano e boxe, ma era prima di dedicarmi completamente alla chitarra.
Stai riuscendo a conciliare scuola e vita da chitarrista?
Al momento, ho interrotto l’attività scolastica. Voglio capire effettivamente dove mi porterà la musica nel corso di quest’anno.
Vista la tua giovane età, qual è il tuo rapporto con la tecnologia e i social?
Non sono mai stata interessata all’argomento, men che meno a tutto quel che concerne i social. Di recente mi sono giusto avvicinata a Instagram e Tik Tok per motivi legati alla promozione del mio lavoro e dei miei concerti.
I tuoi piani per l’imminente futuro?
Sono in procinto di partire per l’Australia per qualche data. Alla fine di marzo ci sarà la decima edizione della “Keeping The Blues Alive At Sea” organizzata da Joe Bonamassa a bordo di una nave da crociera ed io suonerò e navigherò con un sacco di artisti di importanti. Ecco, questi sono i miei principali pensieri. Almeno per il momento!
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