NOODLES spiega perché il nuovo album dei THE OFFSPRING è il suo miglior lavoro

di Francesco Sicheri
01 dicembre 2024

intervista

THE OFFSPRING
NOODLES
Supercharged
Da sempre fedeli al loro sound energico, con il nuovo Supercharged i The Offspring (Concord Records) abbracciano nuove sfumature, mantenendo però intatta l’identità che i fan conoscono e amano. Tutto ciò che è in questo disco è stato scritto negli ultimi tre anni, ci ha detto Noodles, riflettendo sui cambiamenti di una band che, pur rimanendo ancorata alle sue radici punk, è sempre in cerca di innovazione. Insieme al produttore Bob Rock, la band ha lavorato in modo intenso, alternando sessioni di registrazione a tournée mondiali, una combinazione che ha permesso loro di mantenere fresca l’ispirazione, traendo energia sia dallo studio di registrazione, sia dal palco.

Dopo il successo di Let the Bad Times Roll , pubblicato nel 2021, la band si è immersa nella scrittura e registrazione di nuovi brani, lavorando a stretto contatto con il produttore, e membro aggiunto della band, Bob Rock. Supercharged riflette l’intensità e la passione che hanno caratterizzato questi tre anni, offrendo pezzi che spaziano da riff taglienti e assoli di chitarra molto più intensi del passato, a ritornelli incisivi che si preannunciano come certi sing-along in sede live. Con questo album, i The...

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Offspring non solo confermano la loro posizione nel panorama musicale punk, ma esplorano anche nuove influenze che aggiungono profondità e dinamicità alla loro discografia.

Era necessario compiere 61 anni perché Noodles si lasciasse andare a qualche assolo in più, spingendosi oltre i confini del classico stile punk rock della band e dimostrando come, anche dopo trent’anni di carriera, la voglia di sperimentare sia ancora forte. Mi piacerebbe davvero potermi esprimere con assoli più mirati, confida Noodles, che nell’album ha avuto occasione di rispolverare strumenti come la SG Junior del ’65 e di provare una vecchia Explorer di James Hetfield, contribuendo a conferire un pathos molto forte all’album.

Con l’entusiasmo che da sempre li caratterizza, i The Offspring continuano a regalare ai loro fan un’esperienza autentica, celebrando l’energia della loro giovinezza, ma anche riconoscendo l’importanza della maturità artistica.
Singolo che ha presentato l’album, ma soprattutto uno dei brani più intriganti di Supercharged , Come to Brazil è un vero e proprio omaggio ai fan brasiliani, noto per la sua anima thrash metal che si intreccia con l’energia tipica del punk, dando vita a un pezzo travolgente e unico nella storia del gruppo. Ogni traccia dell’album rivela una sfaccettatura diversa, dalle melodie più melodiche di Okay, But This is the Last Time ai momenti più duri e aggressivi, come in Get Some .

In occasione del lancio di Supercharged , abbiamo avuto l’opportunità di fare una bella chiacchierata con Noodles, figura storica della band californiana, nella quale ci ha raccontato il processo creativo dietro la realizzazione del nuovo album , le sfide affrontate negli ultimi tre anni, e l’evoluzione che la band ha vissuto sul piano personale e musicale. Noodles ci accompagna nel mondo di Supercharged , tra aneddoti, retroscena e riflessioni sul passato e sul futuro di una band che – a dispetto delle etichette - ha ancora molto da dire.

Noodles! Che bello vederti, come te la passi?
Sto bene, grazie! E tu, come va?

Benissimo! Ora che sono qui con te, ancora meglio. Non voglio scendere troppo nella politica, ma ci sentiamo esattamente dopo la chiusura delle elezioni nel tuo paese… Come ti senti?
Ti dirò, ho avuto mattinate migliori. Però andiamo avanti, dai. Non sono uno di quelli che può lamentarsi troppo.

Parliamo di cose più piacevoli, come il vostro nuovo album. L’ultima volta che ci siamo sentiti stava per uscire "Let The Bad Times Roll". Come sono stati questi tre anni e quanto di essi è finito nel nuovo album?
Praticamente tutto ciò che è in questo disco è stato scritto negli ultimi tre anni. Credo che solo Hanging by a Thread sia un brano avanzato dalle sessioni di Let The Bad Times Roll. Non era finito per essere incluso nell’album precedente, così l’abbiamo ripreso e completato per questo. Ma, sai, non abbiamo mai smesso di registrare. Ora lavoriamo con il nostro produttore, Bob Rock, e solitamente lavoriamo a “blocchi”. Con questo intendo dire che facciamo due settimane intense in studio, poi magari partiamo per un tour, oppure ci prendiamo una pausa. E continuiamo così, alternando lo studio a delle pause sistematiche. Verso il termine dei lavori per questo album, ci siamo impegnati di più per concluderlo, sentivamo che era quasi finito e sapevamo di poterlo pubblicare entro quest'anno. Ed è proprio quello che volevamo fare.

Sembra che sia stata una fase creativa molto intensa. E anche il tour non si è mai fermato da quando avete pubblicato "Let the Bad Times Roll", giusto?
Esatto! Non ci siamo mai fermati con i tour. Sono passate tre o quattro settimane dall’ultimo concerto, e devo ammettere che già mi manca tornare sul palco. È strano starne lontano così a lungo.

Hai descritto una nuova modalità di lavoro per la band, alternando due settimane di studio con altre attività. Quanto è diverso rispetto a come lavoravate anni fa? Ha cambiato il vostro approccio allo sviluppo delle idee musicali?
In realtà credo non sia cambiato tanto rispetto al passato. Anche prima di Let the Bad Times Roll eravamo in una fase creativa intensa. Entravamo in studio per un paio di settimane alla volta, ma proprio quando stavamo per finire l'album, è scoppiata la pandemia, e tutto si è fermato. Così, per tenere viva l’energia, abbiamo iniziato a provare più spesso, cosa che ci mancava molto. A quel punto registravamo del materiale cercando di pensare a cosa avremmo potuto farne una volta finita la pandemia. Quando finalmente tutto ha iniziato a riaprirsi, siamo tornati a suonare live con più entusiasmo. Da allora, quell'energia non ci ha più lasciati.

Devo dire che con il nuovo album si sente, e il risultato è evidente. Sul piano chitarristico, ad esempio, in questo album c’è forse il materiale migliore che tu abbia mai registrato. Hai davvero alzato il livello.
Grazie mille, lo apprezzo molto! Io e Dexter ci dividiamo le tracce di chitarra, ma ci divertiamo un sacco a confrontarci sulle idee e a scambiarci consigli con Bob, che è un chitarrista eccezionale. Probabilmente è Bob che ci tiene sempre sul pezzo.

Riguardo a "Supercharged", come lo vedi nel contesto della discografia della band? Cosa porta di diverso rispetto agli album precedenti?
Beh, è sicuramente un disco degli Offspring. Tutte le canzoni suonano come dovrebbero fare all’interno di un nostro album. Di solito c’è sempre un pezzo un po’ strano, fuori dagli schemi, ma questa volta forse la canzone più Come to Brazil ha alzato l’asticella anche in quanto a stranezza . Non avevamo mai fatto niente di così thrash.

Quindi quel riff così metal è stato qualcosa di intenzionale?
Assolutamente! Volevamo omaggiare i fan brasiliani e la loro passione per la musica pesante. È una delle poche canzoni nelle quali la musica è nata prima dal testo. Il tiro thrash è stato un piccolo omaggio al popolo brasiliano, che ha un amore sconfinato per la musica più potente. Quando ci siamo confrontati su questo brano, non abbiamo potuto fare a meno di inserire anche un coro da stadio verso la fine… Così da dare quel tocco extra che avrebbe reso il tributo al Brasile ancora più autentico.

E parlando dell’assolo di "Come to Brazil", come è nato? Era già scritto o l’hai improvvisato in studio?
Un po’ entrambe le cose. Dexter aveva già un’idea, che poi abbiamo sviluppato insieme, provando varie soluzioni in studio fino a trovare quella che ci convinceva di più. Molto di ciò che ho suonato l’ho "sentito" nella testa e poi l’ho riprodotto.

Credi che in futuro ti cimenterai più spesso con delle parti solistiche di questo tipo?
Mi piacerebbe davvero molto!

Vuoi il mio modesto parere? Dovresti farlo.
Grazie! Beh, sì, mi piacerebbe. Nella nostra carriera abbiamo capito presto che non tutte le canzoni hanno bisogno di un assolo. Con il punk, “meno” è spesso l’equivalente di “meglio”. Quindi se l’assolo si adatta al brano, allora lo teniamo, altrimenti preferiamo lasciar perdere. In questo disco abbiamo diversi brani, come anche Get Some , dove posso veramente sfogarmi, e mi sono divertito molto. C'era questa chitarra, una copia di quella di Mick Mars, che Bob aveva in studio. È stata perfetta per registrare quel brano. È una sorta di super-Strat, non ricordo di preciso il modello, ma suonava veramente bene per quel tipo di brano.

{A proposito di "Get Some", l’intro del brano ricorda molto "Stone Cold Crazy" dei Queen. È una citazione intenzionale o un caso? Quest’anno avete suonato con Brian May come ospite dal vivo e avete suonato proprio "Stone Cold Crazy".
È curioso in effetti, però Get Some era già stata completata prima di suonare con Brian! Riguardo all’intro del pezzo direi proprio di no, non è stata una citazione casuale, ma qualcosa di voluto. Brian e la sua musica sono sempre stati importanti per me. Suonare con lui è stato incredibile: è una leggenda, oltre che un vero gentiluomo. Condividere il palco con lui è stato uno dei momenti migliori della mia vita.

Tra i miei appunti ho segnato anche "Okay, But This is the Last Time" , che è sicuramente una delle canzoni più melodiche dell’album, sicuramente la più “pop” del lotto.
Esatto, è un brano pop-punk in ogni suo aspetto.

{E quindi lascia che colleghi questa domanda ad un altro aspetto. Quest'anno ricorre il trentesimo anniversario di "Smash" , che è uno degli album più cari a chi vi ha conosciuti nel vostro periodo punk più tosto. Pensi che la band che ha registrato "Smash" avrebbe mai pensato di fare un brano così?
Eh, bella domanda! Guardando all’atto pratico, la band che ha realizzato Smash è l’artefice anche di Okay, But This is the Last Time. Ma capisco molto bene da dove viene questa domanda. I tempi cambiano, i periodi cambiano, la nostra testa cambia. Quando abbiamo fatto Smash avevamo ben poco in testa se non il voler spaccare con quello che ci piaceva di più. A quei tempi non avremmo mai immaginato di fare musica per così tanto tempo, né per così tante persone. Pensavamo che fosse un disco punk per gli appassionati del genere, non immaginavamo che sarebbe finito in radio o su MTV. Eppure eccoci qui, 30 anni dopo, ancora innamorati di quel tipo di musica, ma anche capaci di guardare altrove senza farci troppi problemi. E poi guardando alla struttura musicale di Okay, But This is the Last Time, c’è molto punk in quel brano, anche se con un tocco più melodico.

E sono sicuro che sarà anche divertente suonarla dal vivo, vero?
Lo sarà! Non l'abbiamo ancora eseguita davanti al pubblico, ma abbiamo appena girato il video e sì, ha un bel groove. Viene voglia di muoversi.

Una cosa che mi fa sempre molto piacere constatare è che, nonostante i trent'anni di carriera, alle vostre esibizioni i fan in prima fila sono sempre giovani. Com'è assistere a questo continuo ricambio generazionale?
È fantastico! Ci nutriamo dell’energia del pubblico. Quell'energia giovane, quell'idealismo, ci danno una spinta incredibile. Penso che sia così per molte band. Hai presente Mick Jagger e Joe Biden? Hanno la stessa età, ma guarda quanta energia ha Jagger!

Hai ragione, sembra proprio che abbiano scelto due carriere diverse per un motivo.
Esatto!

Ma il successo di album come "Smash" o "Americana" vi ha mai messo pressione quando entrate in studio per un nuovo album? Avete mai pensato di dover per forza superare quel tipo di traguardo?
Più che altro ci mettiamo pressione per fare buona musica. Siamo noi stessi i primi a voler sentire quella pressione positiva data dalla voglia di fare qualcosa di valido. Vogliamo scrivere brani che piacciano prima di tutto a noi stessi, e ogni volta speriamo che anche i fan li apprezzino. È normale che quando un album entra nel cuore di molti ti ritrovi sempre a fare dei paragoni con quel tipo di materiale, ma non credo di poter dire che la cosa ci abbia mai spaventato, o addirittura bloccato. La vera pressione è data dalla necessità di scrivere musica della quale poter andare fieri. Dexter è l'autore principale e si prende la maggior parte del carico creativo. Ma è un processo collaborativo, creativo e gratificante. Con Bob Rock, che è il nostro produttore da quasi 18 anni, c’è un rapporto di confronto continuo, ed è qualcosa di molto stimolante.

Noodles, alle tue spalle vedo diverse chitarre molto interessanti. Vuoi dirci quali sono state le principali responsabili nelle tracce del nuovo album?
La mia chitarra principale in studio è una vecchia SG Junior del ’65 con un solo pickup P90. Ha un suono fantastico, e ogni volta che ci troviamo ad entrare in studio di registrazione so sempre di poter far affidamento su quello strumento. Ovviamente ho ancora le mie Ibanez signature, che sono per la maggior parte personalizzate con pickup P90, il quale penso sia il vero responsabile dei suoni che mi piacciono maggiormente. In occasione di Supercharged , però, ho usato anche svariate Les Paul e Stratocaster, sarebbe difficile elencarle tutte. Sicuramente vi piacerà sapere che per Come to Brazil ho usato una vecchia Explorer di James Hetfield che Bob Rock ha in studio di registrazione. È stata semplicemente perfetta per quel brano.

Caspita, e come ti sei trovato a passare a dei pickup EMG attivi, tu che vieni principalmente da dei single coil come i P90?
Non posso negare che c’è stato un momento in cui ho dovuto adattarmi un po’ alla risposta di quei pickup, ma per quello che stavamo cercando non è stato difficile trovare il giusto modo di sfruttarli. Hanno un output molto più ingente rispetto ai pickup che uso solitamente, e senza dubbio quella chitarra sa farsi sentire quando è il momento di inserirla nel mix di un brano.

Invece cosa hai utilizzato per quanto riguarda gli amplificatori? È cambiato qualcosa rispetto al passato? Non sono proprio sicuro. In studio usiamo così tanti amplificatori diversi... La maggior parte sono amplificatori valvolari, li settiamo tutti in modo diverso così da poter avere sempre 3 o 4 amplificatori diversi per ogni traccia. Una volta registrati li mescoliamo cercando di trovare il giusto equilibrio, ed in questo Bob Rock è sicuramente un maestro. Ho usato un paio di testate Marshall, ed una testata Hi-Watt… Sicuramente ho usato anche un VOX AC 30 per i suoni più clean, anche se devo dire che per i suoni puliti abbiamo ottenuto ottimi risultati anche con il Kemper. Per tutto quello che riguarda i suoni clean anche il digitale è un’opzione sempre valida, mentre quando mi devo spostare su sonorità più sporche e distorte allora è difficile che io mi allontani dalle valvole.

Noodles, è impossibile nascondere che è sempre un piacere parlare con te. Voglio spendere questi ultimi secondi per ringraziarti per tutto quello che hai fatto finora con la tua musica e per quello che farai in futuro. Eh, sei troppo gentile. Grazie mille, è stato un piacere parlare con te, quindi lo apprezzo molto. A dire il vero è sempre un piacere anche per me. Grazie. Grazie di cuore.

A presto Noodles, speriamo di vedervi presto in Italia.
Me lo auguro anche io. Statemi bene.



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