WHITESNAKE REB BEACH & JOEL HOEKSTRA

THE PURPLE ALBUM
di Fausto Forti
01 maggio 2015

intervista

WHITESNAKE
REB BEACH & JOEL HOEKSTRA
THE PURPLE ALBUM
Gli equilibri all’interno del mondo dell’heavy rock subiscono un repentino e profondo cambiamento il 7 aprile del 1975, quando il chitarrista Ritchie Blackmore si esibisce per l’ultima volta in veste di membro dei Deep Purple, prima di imbarcarsi nel successivo capitolo della sua carriera come forza trainante dei Rainbow.

Nessuno, ad eccezione del diretto interessato, ne è probabilmente conscio. E non potrebbe essere altrimenti, visto che David Coverdale (vocal), Jon Lord (Hammond), Glenn Hughes (bass/vocal) e Ian Paice (drum), alla fine dell’ennesimo estenuante tour, sono impegnati a conservare l’ultimo barlume di integrità psicofisica.

DEEP PURPLE REVOLUTION
La rivoluzione all’interno della band vede l’entrata in organico del 19enne vocalist David Coverdale e del bassista Glenn Hughes [al posto di Ian Gillan e Roger Glover], mentre Burn (1974) si mostra album più orientato al boogie. Dal canto suo, Stormbringer (1974) viene accolto tiepidamente dai fan ed acuisce gli attriti già esistenti all’interno della formazione.

Ma c’è di più: i nuovi membri cercano di imporre la loro personalità di musicisti/autori spostando la barra del timone verso atmosfere funk e soul. Tutto questo a Blackmore... non va giù. (Acuendo il suo...

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desiderio di intraprendere nuovi viaggi di musica dopo quasi una decade e nove album all’insegna del viola profondo...)

Dunque, la formazione nota come Mark III si sfalda... dopo aver tramandato ai posteri due album lungi dall’essere dei capolavori ma comunque degne prove, soprattutto Burn.

L’alba del nuovo giorno vede i Deep Purple Mark IV dare il benvenuto al chitarrista Tommy Bolin, con cui incidono Come Taste The Band (1975). Un sodalizio difficile e di breve durata. Bolin è tentato di rifiutare l’invito di Coverdale poiché sta dando gli ultimi ritocchi a Teaser, il suo debutto da solista, ma si rende conto che l’offerta è di quelle che non si possono rifiutare.

I due album escono quasi in contemporanea ma, essendo i DP la priorità, la carriera solistica di Bolin ne risente, provocando nel celebre chitarrista un grande svilimento e il conseguente uso smodato di droghe. (Proprio l’inaffidabilità decreterà il suo allontanamento dai DP). Meno di un anno più tardi - il 4 dicembre 1976 - Tommy Bolin verrà trovato senza vita in una camera d’albergo di Miami...

Come Taste The Band, nonostante l’innovazione del sound e certe rievocazioni in stile In Rock (1970) non ha il successo sperato, pur rimanendo ancora oggi molto apprezzato dai fan. Si chiude così una delle stagioni più travagliate dei DP: umanamente e artisticamente parlando.

FAST FORWARD...
Balzo in avanti. Il 16 luglio 2012 Jon Lord perde la sua battaglia contro un cancro al pancreas lasciando un vuoto incolmabile nella band e nel pubblico che l’ha sempre amato. Le manifestazioni per ricordarlo sono molte e a David Coverdale viene l’idea di chiamare proprio Blackmore riguardo a una eventuale reunion per ricordare l’amico scomparso. Blackmore, che ha sempre nutrito affetto e rispetto per Lord, posta sul suo sito web un breve strumentale in-memoriam, ma più in là non va.

Il progetto naufraga per disaccordi sulla direzione musicale da prendere; tuttavia, tramite sua moglie (Candice Night), Blackmore fa sapere che non sarebbe contrario se la band di Coverdale - i Whitesnake - lo portasse avanti facendolo proprio.

Coverdale inizia a ragionarci concretamente. “Ne parlai ai ragazzi, che furono subito entusiasti di suonare, mostrando un profondo rispetto per i DP e i loro brani...” – dichiara – “e, visto che la frontline dei Whitesnake e' focalizzata sulla presenza di due chitarre [il veterano Reb Beach e la new entry Joel Hoekstra al posto del dimissionario Doug Aldrich] abbiamo chiamato un organista perché il meraviglioso Hammond di Jon era il segno distintivo del Purple-sound...” Il risultato? The Purple Album...

THE PURPLE ALBUM
Costituiscono l’ossatura di The Purple Album (Frontiers Records), tredici brani (quindici nella deluxe edition) che, se da una parte occhieggiano le partiture originali confermando - a distanza di 40 anni - che si tratta di tre album che hanno lasciato il segno; dall’altra fanno in modo che il tributo a Lord, Paice e Blackmore, venga esaltato ed arricchito senza snaturane l’intima essenza.

La voce di Coverdale funge da ideale ponte tra i due momenti storici della band [nonostante gli anni trascorsi le sue corde vocali mantengono (quasi) inalterate potenza e timbro], mentre la sezione ritmica Michael Devin (basso) e Tommy Aldridge (batteria) fa scintille. Ma è l’interplay delle chitarre a conferire ai brani una precisa identità... “L’album è un omaggio – e un enorme grazie – da parte mia ai Deep Purple per l’opportunità concessami 40 anni fa, di iniziare un incredibile viaggio che continua ancora oggi...” – spiega Coverdale – “ma la mia band sono i Whitesnake e il loro sound è parte integrante di questo disco...”

Gli scambi di lick tra Reb Beach e Joel Hoekstra (in arrivo dai Night Ranger) mettono in mostra la fluidità e precisione delle ritmiche contrapposte agli assoli taglienti della lead guitar, divenendo - voce a parte - il tratto distintivo di The Purple Album: una raccolta in grado di (com)piacere sia i fan del serpente bianco che quelli dei DP.
Dalle note del classico Burn che apre le danze, a quelle di Stormbringer che chiudono la scaletta, i Whitesnake si (ri)presentano in forma smagliante. Brani come Lady Double Dealer, Soldier Of Fortune e Sail Away in particolare, sprigionano nuova energia e trasmettono un genuino entusiasmo. Al punto da sembrare scritti... ieri!

Prima di addentrarci nei meandri di The Purple Album vorremmo che tu – Joel – ci raccontassi del tuo arrivo nei Whitesnake prendendo il posto di Doug Aldrich... una impresa non proprio semplice...
Joel Hoekstra - Doug ed io siamo buoni amici e stavamo conversando tramite email proprio la sera prima che la notizia fosse resa ufficiale. Ma non mi disse nulla, se non che ci sarebbero stati alcuni cambiamenti nella band, dicendo un sibillino “stay tune”. Il giorno successivo... bang! Doug aveva lasciato i Whitesnake...

Come sei entrato in formazione?
J. H: Fu il risultato di una serie di circostanze. Ovviamente avevo drizzato le orecchie ma nel contempo alcune persone avevano fatto il mio nome a David [Coverdale]. Tutto questo condusse a una sorta di audizione informale. Funzionò e in agosto fui convocato per provare parte del nuovo materiale ed anche per capire se fosse la mossa giusta per entrambi. A volte puoi essere il migliore sulla piazza, ma se non si crea quel feeling, e alchimia è meglio chiudere lì. Funzionò e quel punto iniziai a crederci, a rendermi conto che stava davvero accadendo qualcosa di grande!

Com’ è stato diventare membro dei Whitesnake?
J. H: Ovviamente David è un principe del foro-rock, un membro della famiglia reale, dunque devi prendere tutto in modo dannatamente serio: badare a ogni dettaglio ed essere sempre al 101% della forma. Per non dire del repertorio da suonare: il paradiso di ogni chitarrista. Poi c’è il fattore popolarità: la band ha legioni di fan sparsi per il mondo, quindi tutto, a cominciare dai tour, assume dimensioni … mondiali! Tutto questo rende il posto molto appetibile per chiunque, ma ciò non significa che non vedessi l’ora di sganciarmi dai Night Ranger! Adoro quei ragazzi e quella band, ma il presentarsi di questa opportunità mi è parso allargare le mie prospettive.

I Whitesnake vantano tra le loro fila fior di chitarristi. Come ci si sente parte di questa nobile stirpe?
J. H: E’ grandioso, pur se però dipende da quale sarà il tuo contributo e, per quanto mi riguarda, io sono uno che lavora sodo per ottenere il migliore risultato possibile. E’ una grande sfida, e sono molto eccitato a suonare con Reb [Beach], uno dei più grandi axeman oggi in circolazione...

E veniamo a The Purple Album... cosa ci dici?
J. H: Penso che ognuno di noi ci abbia messo cuore e anima: in buona sostanza, dedizione assoluta... R&R al suo meglio! Io e Reb abbiamo suonato parti incredibili: una intesa subito perfetta. Non scordiamo che i brani originali sono stati suonati da nomi come Blackmore e Bolin... fare i loro cloni non avrebbe avuto senso e poi David è stato chiaro dall’inizio: l’impronta Whitesnake doveva essere ben presente. E cosa c’è di meglio di essere se stessi?

Reb Beach: Quando David ci spiegò in cosa consisteva questo nuovo progetto, rimasi scioccato. E al contempo eccitato. Iniziai subito a pensare: “ come evitare di apparire la brutta copia di Blackmore e Bolin” e, soprattutto, “come inserire la nostra impronta perchè suonasse inequivocabilmente à-la Whitesnake”. Così andai a riascoltarmi quei tre album dei Deep Purple... Quando erano usciti avevo solo 12 anni ed ero intrippato con band come i Monkees e i CCR: beh... mi innamorai all’istante di quei tre album e pensai che David aveva avuto una splendida idea.

Non mi direte che le ombre lunghe di Blackmore e Bolin non hanno aleggiato sulle vostre teste...
J. H: [ride] Naturalmente, prima di mettere piede in studio, ognuno di noi, io in primis, ha ascoltato per più di un mese Burn, Stormbringer e Come Taste The Band. E confesso di essermi stupito nel constatare quanto siano ancora musicalmente freschi e attuali. Sostenere l’onere della prova non sarebbe stata una passeggiata ma, come dicevo, l’importante è seguire il proprio istinto. E poi David è stato di grandissimo aiuto. Lui c’era, e sapeva benissimo di cosa si trattava.
R. B: Da un punto di vista chitarristico, c’era da risolvere il problema Stratocaster. Fender e Blackmore sono un binomio inscindibile, così mi convinsi che avrei dovuto usare quella chitarra: non avendo mai utilizzato un single coil, iniziai a preoccuparmi! [ride] Riguardo all’assolo di Mistreated, l’ho suonato mantenendomi piuttosto fedele a Ritchie, mentre in quello di Comin’ Home, originariamente suonato da Bolin, le cose si sono mostrate un po’ più complicate. Tommy era solito lavorare in studio con i nastri per creare certi effetti... era un esperto della manipolazione dei suoni e così io e David pensammo a come fare. Alla fine ho utilizzato un echo a nastro analogico a cui, in fase successiva, è stato tolto il rumore di fondo. Per risponderti, ammetto che l’ombra di Bolin mi ha accompagnato a lungo.

Joel, parlavi dell’alchimia creatasi tra te e Reb e in effetti ci sono brani incendiari come Burn, appunto. Tapping, leva e fluidità delle parti che furono di Blackmore suonate da Reb, uniti al tuo tocco mentre ti fai carico delle tastiere di Lord... godimento puro, come si suole dire.
J. H: Grazie! Io e Reb ci siamo conosciuti ai tempi dei Night Ranger, poi ci siamo rivisti nel 2008 e da allora non ci siamo persi di vista. Mi ha insegnato molto e trovo che purtroppo sia uno dei chitarristi più sottovalutati della scena hard rock: talento innato e tecnica da vendere. Assieme abbiamo tessuto armonie incredibili ed è stato grazie a lui se si sono creati gli spazi giusti per i miei assoli. Nessun ego trip: Reb è un musicista che lavora per la band.

Hai accennato agli assoli...
J. H: Per me è più importante fare parte di una band, puntare al risultato finale piuttosto che risplendere di luce propria. E poi, diciamolo, come ultimo arrivato non ho certo i titoli per reclamare certi interventi! Reb avrebbe potuto prendersi lo spazio che voleva, ma è stato generoso! [ride] e, alla fine, abbiamo suonato entrambi lead e rhythm.

Quale genere di equipment hai utilizzato?
J. H: Un set piuttosto semplice. I Whitesnake sono tradizionalmente una Les Paul Band, quindi nel 95% dei casi ho alternato le mie Les Paul Studio e Les Paul Custom bianca. Più, in alcune parti, una Fender Strato: che è una cosa abbastanza inusuale per la band ma doverosa trattandosi di suonare ciò che suonò Ritchie [Blackmore]. Su tutte le mie chitarre monto le corde Ernie Ball (011/048), un marchio che uso sin da quando ero un ragazzo. Riguardo all’acustica, in Soldier Of Fortune, Hoy Man e Sail Away, ho suonato con una splendida Taylor. Come ampli, ho utilizzato un paio di Friedman PE100.

Tu, Reb?
R. B: Principalmente una Pensa Suhr (canale sinistro) e una Stratocaster (canale destro), ovviamente per via del sound di Blackmore. David voleva un sacco di chitarre, mentre io all’inizio pensavo solo a due chitarre, la mia e quella di Joel, senza troppe sovraincisioni. Ma David è stato irremovibile. I Whitesnake sono una guitar-band e il loro sound doveva essere un pugno in pieno volto. Aveva ragione. Riguardo alle corde, uso D’Addario (011/046) da una vita. I miei amplificatori, sono costruiti dallo stesso John Suhr e realizzati appositamente per me. Una volta John modificava anche i Marshall e, nel tempo, ha finito per modificare tutti i miei!

A quali brani siete più legati, a livello musicale o personale?
J.H: You Fool No One, soprattutto per la jam centrale, in cui io e Reb abbiamo improvvisato scambiandoci fantastici lick. E’ uno dei pezzi in cui fuoriesce maggiormente il marchio Whitesnake. Poi direi Soldier of Fortune: per la sua atmosfera, per la chitarra acustica e la performance di David, qui davvero al top. Colgo l’occasione per ribadire pubblicamente il ruolo (fondamentale) svolto da David in questo progetto: dal punto di vista lavorativo e da quello puramente emotivo. Ha saputo trasmettere in tutti noi le giuste vibrazioni, indicandoci la via da seguire per riuscire a creare l'ideale compromesso tra i brani originali e la nostra personale versione.

R. B: Senza dubbio Mistreated, il brano che più mi sono divertito a suonare. Amo il blues, ho anche una mia band con cui suono questo genere di musica, e mi dispiace che molti non conoscano questo aspetto del mio playing. Direi che Mistreated è stato il brano perfetto per farlo risaltare... Poi c’è l'assolo in Burn, sorta di tesi di laurea. Doveva essere impeccabile, perfetto in ogni sfumatura. Alcune sezioni di esso, sono diventate dei classici del repertorio di Ritchie, quindi non ho fatto altro che riproporle; per il resto ho improvvisato tramite il tapping. Tecnica che, per inciso, adotto nell’ottanta per cento dei miei interventi più veloci e più corposi [fat].

Sino a ieri accanto a te Reb, c’era Doug Aldrich. Oggi gli è subentrato Joel. Come ti sei trovato?
R. B: E’ stato difficile prepararmi a questo cambiamento poiché tutto è accaduto in fretta. In The Purple Album ho vestito i panni di co-produttore, perciò sono rimasto in studio tutti i giorni facendo in modo che tutto funzionasse come un orologio svizzero, in particolare le parti di chitarra e gli assoli. Quando c'era Doug, era compito suo. Così, da un giorno all’altro, mi sono ritrovato a gestire una situazione nuova e delicata riguardo agli equilibri tra i vari strumenti e la voce. Fortunatamente pero' Joel era al mio fianco e mi ha aiutato molto. Oltretutto, per la prima volta, in molti brani c'erano dei doppi assoli... ad esempio, in Holy Man lui ha suonato il primo assolo ed io il secondo, cosa che con Doug non era capitata. Infine, riguardo alle parti ritmiche e soliste, ce le siamo salomonicamente divise, 50% a testa. Ho fortemente voluto che Joel potesse esprimere al meglio e in libertà tutto il suo potenziale. Joel conosce bene la musica, scrive e legge correttamente e difatti ha suonato a Broadway nel musical Rock Of Ages e con la Trans Siberian Orchestra. Infine - lo dico sottovoce altrimenti si monta la testa - i suoi assoli sono sempre perfetti! [ride]

Negli album dei Purple era presente un chitarrista alla volta, ora Blackmore ora Bolin. Qui invece siete due. Come avete risolto la questione?
J. H: Nei Purple a Ritchie erano delegati i registri più bassi e gli assoli, mentre a Jon Lord quelli più alti. Insomma Jon, oltre all’organista, era la seconda chitarra! Nel nostro caso, io mi sono occupato il più delle volte delle parti che furono di Lord, lasciando a Reb quelle di Ritchie; anche se alla fin fine vi è stata un’ equa spartizione delle parti. Per The Purple Album è stato chiamato anche un tastierista per le parti significative di Lord... Con tanto di Hammond B3 originale, completo di Leslie.

Joel, hai adottato il tapping a due mani in alcuni interventi dell'album...
J. H: Sì nell’assolo di Burn, così come in Comin’ Home e Lady Double Dealer. Ho imparato a “slegare” con questa tecnica quando ero ancora un ragazzino, tramite un grande maestro come TJ Helmerich, così che mi è diventata subito naturale. Tuttavia, non sono un patito del tapping e ci ricorro solo quando serve.

Joel, il tuo commento su due brani, Might Just Take Your Life e Stormbringer...
J. H: Il primo primo è uno dei più riusciti. David è stato prodigo di consigli, tutti preziosi. Ad esempio, nel dargli un che di blues, dunque più alla Whitesnake. Credo sia l’unico brano in cui ho utilizzato anche slide e dobro. In Stormbringer ho firmato riff e assolo che, alla fine, ho dovuto tagliare perché era troppo lungo. Ho suonato anche le ritmiche e, se ben ricordo, in un’unica take.

Anche Soldier Of Fortune lascia il segno...
R. B. Qui tutto è giocato sulla chitarra acustica di Joel. Lui è un acoustic guy... uno dei motivi per cui David lo ha assoldato.

Ci sono altri progetti sui quali state lavorando?
J. H: Sono impegnato con Vinnie Appice alla batteria, Tony Franklyn al basso e Russell Allen (Adrenaline Mod, Symphony X) alla voce. Abbiamo già inciso sette brani e speriamo di terminare l’album entro fine anno.

R. B: Il mio disco solista è praticamente finito. E’ un album strumentale in cui ha suonato anche Billy Sheehan al basso, ma oggi non è facile trovare uno sbocco commerciale e le etichette sono molto prudenti. Se non sei Joe Satriani o Steve Vai, non è facile... Questa è una delle ragioni per cui non è stato ancora pubblicato, pur se anche gli impegni con i Whitesnake hanno contribuito ad allungare i tempi!

WHITESNAKE lineup


David Coverdale (vocal) – Reb Beach (guitar) – Joel Hoekstra (guitar) – Michael Devin (bass) – Tommy Aldridge (drum) – Brian Ruedy (keyboard)

The Purple Album tracklist


Burn - You Fool No One - Love Child - Sail Away - The Gypsy - Lady Double Dealer - Mistreated - Holy Man - Might Just Take Your Life - You Keep On Moving - Soldier Of Fortune - Lay Down Stay Down - Stormbringer - Lady Luck (bonus track deluxe edition) - Comin’ Home (bonus track deluxe edition)

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