I THE CURE e il nuovo "Songs Of A Lost World"
di Francesco Sicheri
01 dicembre 2024
I The Cure tornano sulle scene dopo sedici anni di attesa, e lo fanno con la teatralità sonora che è proprietà esclusiva di una delle band più eleganti ad essere mai uscite dal Regno Unito."Songs Of A Lost World" è un album che segna una svolta profonda nella discografia di Robert Smith e dei suoi compagni di viaggio, eppure in qualche modo continua ad alimentare un processo avviato quando il punk metteva ancora a ferro e fuoco l’Inghilterra.
Un titolo evocativo, una dichiarazione d’intenti, una riflessione profonda su tempo, perdita e disperazione.
Lo ha detto lo stesso Robert Smith che ogni brano di questo album è come un pezzo di un puzzle emotivo, pensato per raccontare esperienze intime e riflessioni personali. C’è sempre un momento – racconta Smith – quando mi ritrovo a vagare da solo di notte guardando il cielo, e sento un senso di smarrimento totale… è proprio uno di quei momenti che ho cercato di catturare in Alone, e sapevo che con questo brano sarebbe nato l’album.
La loro maturità i The Cure la portano...
l'articolo continua...
Un titolo evocativo, una dichiarazione d’intenti, una riflessione profonda su tempo, perdita e disperazione.
Lo ha detto lo stesso Robert Smith che ogni brano di questo album è come un pezzo di un puzzle emotivo, pensato per raccontare esperienze intime e riflessioni personali. C’è sempre un momento – racconta Smith – quando mi ritrovo a vagare da solo di notte guardando il cielo, e sento un senso di smarrimento totale… è proprio uno di quei momenti che ho cercato di catturare in Alone, e sapevo che con questo brano sarebbe nato l’album.
La loro maturità i The Cure la portano...
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proprio bene, un po’ come se fosse sempre stata nel loro armadio, pronta per essere indossata a tempo debito. Alle volte, guardando alla storia del gruppo, sembra quasi che Smith & Co. siano sempre stati dei giovani anziani, fin troppo maturi per la loro tenera età. Ed ecco che oggi, con gran parte della lineup forte dell’aver superato le 60 primavere, Songs of a Lost World si materializza nel mondo come una naturale proiezione di quell’animo vegliardo che ha sempre avuto un ruolo cruciale nella vita dei Cure. Le contemplazioni notturne di Robert Smith, riversate in parole e musica, riecheggiano come linfa vitale per i fan di una band che con il passare degli anni non ha mai dovuto fare i conti al punto da subirne il peso. In Songs of a Lost World si concretizza qualcosa di eterno, a tratti magico, ma lo è più nell’esplicazione dei suoi motivi, che nel suo modo di prendere forma come entità artistica. Dopo ben sedici anni ci si sarebbe potuti aspettare un album dalla strutturalità prominente, ed invece ci si ritrova a tu per tu con una raccolta di brani che fondono complessità emotiva a formula sonore molto più efficienti di quanto ipotizzabile.
Songs Of A Lost World ha vissuto una gestazione lunga e complessa, influenzata sia da eventi personali sia da un mondo in continua trasformazione. Nel 2019, proprio mentre i The Cure festeggiavano i 40 anni di carriera, Smith aveva già iniziato a scrivere alcuni dei brani che oggi fanno parte dell’album. Quell’anno segna anche il cinquantesimo anniversario dell’uomo sulla Luna – racconta Smith – un’estate che ho passato guardando la Luna, riflettendo sul passare del tempo e su un mondo sempre più fragile.
La pandemia globale ha dato al gruppo ulteriore tempo per riflettere e affinare le tracce, creando un lavoro che rappresenta sia un esorcismo emotivo per Smith sia un grido di empatia per un mondo in crisi.
La lavorazione dell’album ha attraversato diverse fasi, complicate anche dall’emergenza sanitaria globale, che ha ulteriormente rallentato i processi di registrazione e scrittura. Quando durante la pandemia alcuni profetizzavano l’avvento di un’ondata musicale maturata e influenzata dalla quiete forzata, dalla solitudine e dall’isolamento dell’emergenza pandemica, probabilmente non sapevano che un nuovo album dei The Cure sarebbe stato parte di tale movimento. Smith e la band si sono presi il tempo di riflettere a fondo su ogni brano, lasciando maturare le idee e trasformando il tutto in un prodotto molto stratificato, un privilegio che oggi soltanto poche band possono permettersi di rivendicare con la stessa tracotanza dei The Cure.
Quando si parla di The Cure, si parla anche di molte fasi sonore e tematiche, di ere e di cambi di rotta. Si parla di una band che ha attraversato più di quattro decadi giocando tanto con l’introspezione delle tenebre di Pornography e Disintegration , quanto con la brezza pop dii Wish e The Head on the Door .
Ogni album dei The Cure ha rappresentato un capitolo a sé stante, con un’evoluzione costante a fare da guida per un percorso che ha sempre saputo rispecchiare i cambiamenti della band e dello stesso Smith, figura stabile e continua nell’universo Cure.
Songs of a Lost World segna quindi il ritorno della band a un’estetica cupa, quasi apocalittica, che apparentemente dialoga in linea con album come Disintegration , pur facendolo con una chiave più contemporanea e riflessiva. Questo album è nato dall’urgenza di dire qualcosa che non poteva più essere rimandata. Ogni canzone è come un pezzo di un puzzle che si forma da decenni.
Il 14° album in studio si inserisce perfettamente nella discografia dei The Cure, arricchendola con nuovi temi e un’esplorazione intensa dell’interiorità, un’analisi della solitudine, del dolore e della transitorietà della vita, espressa con una sensibilità che solo la band inglese riesce a trasmettere.
Ogni traccia è un riflesso dei pensieri e delle esperienze di Robert Smith, ma al contempo è un invito rivolto all’ascoltatore a ragionare sulla propria esistenza in un mondo che sembra sempre più perduto.
Songs of a Lost World si erge come uno degli album più profondi e riflessivi dei The Cure, una sorta di “fine capitolo” per una band che ha attraversato più di quattro decadi di storia musicale. La capacità di Smith di esprimere l’angoscia umana e la dolcezza della malinconia rimane intatta e, con questo album, la band dimostra di saper interpretare lo spirito del nostro tempo senza mai tradire le proprie radici.
Ogni brano è una tessera di un mosaico emotivo complesso, che risuonerà con chiunque si senta parte di un “mondo perduto”. Vivere ed essere in grado di raccontare l’uscita di un nuovo album dei The Cure non è qualcosa da dare per scontato, gli stessi membri della band ne sono consapevoli.
Long live The Cure.
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