Raphael Wressnig "Chicken Burrito"

di Patrizia Marinelli
13 ottobre 2018

recensione

Raphael Wressnig
Chicken Burrito
PepperCake/ZYX Music
"Chicken Burrito" è l’album che non ti aspetti da un virtuoso dell’organo come Raphael Wressnig. Sì, perchè il musicista austriaco che parla fluentemente la lingua del soul, del funky e del blues, e che si ispira ai suoi predecessori Jimmy Smith, Shirley Scott, Booker T. Jones e Joe Zawinul (lungi dall'ostentare le sue non comuni doti dietro la console!) ha preferito mettere cascate di note al servizio del “bene comune”. Wressnig ha creato quindi un album di easy listening, omogeneo nei contenuti, che segue di due anni il riuscitissimo The Soul Collection (che ha realizzato assieme al maestro della chitarra blues Igor Prado), nonché l’album "Captured Live".
La preparazione tecnica di cui il musicista gode viene comunque in superficie, così come quella dei colleghi che lo hanno accompagnato in questo progetto, i fidati James Gadson alla batteria e il chitarrista Alex Schultz. Largo quindi all'ampio immaginario musicale di Raphael… che ha vinto il Best Organ Player of the Year al DownBeat Critics Poll nel 2013, 2015, 2016 ed il Best Organ Player of the Year ai DownBeat Readers Poll nel 2017)!

Uscito il 10 ottobre 2018, "Chicken Burrito" inizia con "Chunky Thights", uno scanzonato opener con assolo di...

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organo e chitarra che ci riporta alle atmosfere delle mitiche serie tv americane degli anni ‘70. La batteria prende il sopravvento iniziale in Nasty, pezzo cool, groovy e funk, per poi fondersi perfettamente con organo e chitarra in un insieme bilanciato e compatto.
"Born to Roam" è l'unico, godibilissimo episodio non strumentale dell'album con la voce narrante di Messnig. Un divertente brano autobiografico che rapisce con il sinuoso funk/rap style di colui che si dichiara un “travelling man”, un uomo senza casa.
E’ un vero tappeto di organo quello costruito da Wressnig per "Tiny Blues Dog", un trionfo di blues dove però è la chitarra a brillare con i suoi fraseggi e le sue scale. “Un semplice funky blues” – dice Wressnig – “ma che è stato davvero spassoso realizzare”. E c'è da credergli…

Gli strumenti dialogano tutti perfettamente nel pezzo successivo, la titletrack "Chicken Burrito", mentre "Get Down To It" è un brano dalla melodia funky dal grande impatto con un delicato assolo di chitarra che avvolge dolcemente durante l'ascolto. “Questo pezzo mi piace in modo particolare” – ha detto Raphael – “per il suo slow back funk, un po' alla Johnny “Guitar” Watson…”
Chiude "One Mo' Time", classico brano in stile R&B dove organo, pedal board, chitarra e batteria non si risparmiano e consegnano una performance travolgente.


Ciao Raphael, parliamo di Chicken Burrito: come hai coinvolto James Gadson e Alex Schultz nel tuo album?
Conosco Alex da 12 anni. Insieme abbiamo inciso una manciata di dischi e fatto svariati tour. Per esempio Soul Gumbo, che ho registrato insieme a lui e al maestro di batteria Stanton Moore. Un altro grande tour è stato quello con il virtuoso del drumming Johnny Vidacovich. James Gadson è un grande esempio di come rendere al meglio il soul, l'R&B e il funk. Il modo in cui riesce a creare un feeling swingato o un semplice e diretto funky beat è semplicemente straordinario. James ed Alex hanno lavorato tanto insieme per innumerevoli gigs nei clubs a L.A. E quando stavo componendo il materiale per Chicken Burrito mi sono reso conto che erano loro il perfetto assetto per questo album che sfodera un vibe molto anni '70.

I Settanta sono un periodo che ti piace in modo particolare musicalmente parlando?
Sì. Tutti i brani del disco fanno riferimento a quell'epoca, gli ultimi anni '60 e i '70 in generale. Io sono parte del movimento organ funk e rare-groove ma non sono un patito del vintage a tutti i costi; mi piace inserirci elementi dell’oggi affinché completino il tutto. Ho usato alcuni effetti del Wurlitzer, del Rhodes e del Clavinet che si usavano negli anni '70 e lo stesso ha fatto Alex. Anche il video di "Nasty" ha un vibe anni '70, è venuto fuori molto funky e...nasty!

Come sono nati i brani di "Chicken Burrito"?
Di solito mi siedo al Wurlitzer o all’Hammond B-3 e comincio a giocherellare con la tastiera: è quello il momento in cui mi vengono le idee migliori. Ma qualche volta acciuffo una melodia mentre magari sono al volante della mia auto. Quello che faccio in quei casi è prenderne nota subito per non dimenticarmene e, appena posso, mi siedo al piano e butto giù il pezzo. Tutto molto semplice e normale. La sfida è quella di trovare le persone giuste per suonare questo tipo di musica semplice ma sofisticata al contempo.

"Born To Roam" mostra una traccia vocale davvero particolare...
Ho cercato di raccontare la mia storia alla mia maniera. Non sono un vero cantante o un urlatore soul. Sono il narratore, ma non un rapper e, come dicevo, ho soltanto cercato di raccontare la mia storia. Il pezzo mette insieme un sacco delle mie passate esperienze personali tipo cose che ho fatto, cose che mi piacciono, le mie avventure a New Orleans, a Memphis, in California ed in tour in Croazia e Italia. Tutto questo mi ha aiutato a suonare come suono adesso. Penso che per fare il musicista ci devi essere tagliato.

"One Mo Time" è invece il brano più blues del disco...
E’ vero! In effetti ci era rimasto un po' di tempo, eravamo in studio ed io sapevo che James in passato aveva suonato parecchio con BB King, Freddie King, Albert King e in vari dischi di B.B. King ed Eric Clapton... Il blues è il fondamento delle cose e mi piace molto anche perché c’è sempre spazio per un buon vecchio assolo di organo! A parte gli scherzi, prima di registrare questo brano ho detto ai ragazzi: proviamo “One Mo' Time”! Blues shuffle in G, uno, due...via! Questo è ciò che abbiamo fatto e subito dopo tutti ci sorridevamo l’un l’altro. E’ stato bellissimo!











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