Laurence Jones "Take Me High"

di Dario Guardino
28 settembre 2016

recensione

Laurence Jones
Take Me High
Ruf Records
Laurence Jones è considerato l’astro nascente del blues britannico, tanto che la stampa internazionale ha già provveduto ad incensare Take Me High, il suo quarto album prodotto peraltro da una vecchia conoscenza della discografia: Mike Vernon. (Ha prodotto album di David Bowie, Fletwood Mac, Eric Clapton, Bluesbreakers e John Mayall, giusto per fare nomi…).

Apre le danze Got No Place To Go, un intrigante mid-tempo per un episodio che, come gli altri della scaletta, vede Jones cimentarsi anche con la voce. Certo, un fraseggio a base di pentatoniche, ma con alcune varianti che lo rendono non propriamente ortodosso in ambito blues, unitamente all’uso dell’octaver ed alcune sortite ingranando la scala minore armonica.

Segue Something’s Changed, introdotto da un bel fill di batteria e una base armonica che ricorda vagamente Superstition (di Stevie Wonder): un brano che si sviluppa inseguendo i binari armonici “sicuri” del cosiddetto minor blues, con alcuni accorgimenti interessanti, tipo la ritmica reggae dell’inciso.

Live It Up strizza l’occhio al pop, specie nella linea melodica, suonato però da un tiro tipicamente blues. Addicted To Your Love suona sporco e marcio al punto giusto già nella intro e, soprattutto, nel sound; una costante in Jones, che imbraccia “coraggiosamente”...

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una Fender Mustang (… una scelta piuttosto lontana dagli stilemi dei classici bluesmen). Anche I Will si fa apprezzare per il piglio energico con cui Jones affronta il blues e, al contempo, per gli arrangiamenti scarni ed essenziali, quasi da power trio… se non fosse per l’aggiunta di un organo Hammond. Molto bello l’assolo di chitarra con tanto di timbro caldo e “medioso”.

Con Thinking About Tomorrow si entra nella zona “soul/ballad”: un passaggio quasi obbligato per ogni bluesman che si rispetti… Si tratta di una traccia decisamente radiofonica ma non banale, con un assolo di chitarra da incorniciare.

Take Me High, brano che dà il titolo all’album, è introdotto da un riff che resta impresso sin dal primo ascolto. Certo, non si tratta di un classic blues, ma è una miscela esplosiva ammaliante, fatta di blues, pop e rock, in cui ogni elemento è calibrato al punto giusto.
Down And Blues suona pentatonico fino al midollo, a partire dal riff (e dalla linea vocale): in buona sostanza, un ottimo brano rock blues.
Higher Ground, brano che chiude la scaletta, ricorda parecchio il mood à-la Stevie Ray Vaughan: lo spirito del leggendario chitarrista texano pare aleggiare (… soprattutto nell’assolo di Jones) da sembrare una sorta di tributo.

In definitiva, un album ben realizzato e suonato col giusto tiro. Sì, Laurence Jones è un artista da seguire con attenzione…

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