DAVE SIMONETT "Red Tail"

di Umberto Poli
16 aprile 2020

recensione

Dave Simonett
Red Tail
Dancing Eagle
A whisper of lives from long ago… giunge fino a noi spirando da molto lontano e portando con sé un passato ancora vivo nel peso dell’anima delle vite che trasporta, il vento di questo esile dischetto – di quelli che se non si fa attenzione rischiano di passare inosservati per colpa di altri più ingombranti, rumorosi e altisonanti colleghi. “Red Tail” di Dave Simonett rientra in questa categoria ed è una benedizione da non lasciarsi scappare. Cantante, chitarrista, leader della roots-oriented band bluegrass Trampled By Turtles, nonché deus ex machina del side project Dead Man Winter, Simonett – road warrior di razza e compositore elegante – ha compiuto il fatidico passo della svolta personale, approdando sul mercato con la prima prova solista a suo nome che, ascoltare per credere, è anche un tripudio di classe sopraffina.

“Red Tail” è un album compatto, coeso, essenziale, capace in appena 34 minuti di dire tutto ciò che fin dall’immagine di copertina – un ritratto in bianco e nero dell’autore preso di spalle – sembra voler evocare. Semplicità, potrebbe essere questa la chiave di lettura dell’intera opera. Semplicità e natura, sentimenti e vita rurale, valori e ritorno alle radici… il fatto...

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inoltre che tale lavoro debba il suo titolo al fortuito incontro visivo da parte dell’autore di un falco dalla coda rossa (red-tailed hawk) la dice lunga.
Can you feel it coming over you? Pare domandarsi e domandarci Simonett in “There’s a Lifeline Deep in the Night Sky”, l’episodio che chiude simbolicamente il cerchio delle canzoni di “Red Tail”: una “silly song” registrata con un microfono soltanto al centro della stanza e immortalata su un mangianastri in studio durante una festa di compleanno, ma di elevato e indubbio impatto emotivo. Mentre questi versi echeggiano, infatti, ormai è troppo tardi: con “Red Tail” siamo già immersi fino al collo in un ambiente ovattato e nebbioso trapunto di praterie, rugiada, crepuscoli, escursioni al chiaro di luna nel mezzo di boschi, fiumi e foreste.

Registrato in parte tra le pareti domestiche di Simonett e in parte presso il Pachyderm Studio di Cannon Falls, nel Minnesota statunitense, “Red Tail” riflette una serie di profonde tematiche personali che il cantante stesso ha potuto mettere in luce ed esplorare meglio nel corso della stagione invernale, un momento per Simonett da sempre molto prolifico per affinare e dar sfogo all’arte del songwriting. I testi sono intensi, le immagini abbondanti, le possibili interpretazioni sfaccettate: è come se l’artista americano parlasse a ciascun fruitore, sussurrandogli nell’orecchio storie d’altri tempi, sfogliando e ripercorrendo con la voce pagine polverose riposte in scaffali altrettanto polverosi ma ancora profondamente impregnate di echi e lacrime, risate, ricordi, strade percorse, sentieri smarriti ed infiniti luoghi dell’anima costruiti, distrutti, ritrovati.

“Red Tail” è tutto questo e molto altro. Un grande mondo racchiuso tra piccoli, umili e preziosi solchi, costruito attorno alla personalità di un autore da tenere d’occhio e ormai a pieno titolo impegnato su tre fronti: Trampled By Turtles, Dead Man Winter e da solista. Uno e trino, ma abile nel mantenersi integro e originale in ogni contesto assieme ad una firma ormai ben riconoscibile (“Silhouette”), un’ispirazione eccellente (“By The Light Of The Moon” con tanto di delizioso video promozionale in stop-motion), un lirismo potente (“Revoked”) ed una invidiabile purezza di intenti (“There’s A Lifeline Deep In The Night Sky”).


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