RONNIE EARL & THE BROADCASTERS Maxwell Street

di Dario Guardino
16 gennaio 2017

recensione

RONNIE EARL & THE BROADCASTERS
Maxwell Street
Stony/Plain Records
Chi mastica il blues conosce molto bene Ronnie Earl, musicista che non necessita di ridondanti presentazioni. Questo suo ultimo lavoro, Maxwell Street, lo vede in compagnia dei suoi fedeli Broadcasters, la band con cui gira il mondo (dal lontano 1988) diffondendo il verbo della musica del diavolo.

Il nome che Ronnie ha dato alla band non è affatto casuale (una sorta di tributo alla mitica Fender Broadcaster, progenitrice delle più blasonate Telecaster e Stratocaster…) e la stessa, oltre al suo leader, è così composta: Lorne Entress (batteria), Dave Limina (piano/Hammond B3), Jim Mouradian (basso), Diane Blue (voce). L’album in questione è un tributo che Ronnie ha voluto fare all’amico e musicista David Maxwell, pianista, cantante e songwriter (ha suonato con Bonnie Raitt, John Lee Hooker, James Cotton, Buddy Guy, col gotha del blues, insomma…), scomparso lo scorso anno all’età di 71 anni. Ha detto Earl: “Il suo playing era profondo come un oceano ed alto come il cielo. E’ stato un onore poter condividere il palco con lui…”

L’album esordisce con uno strumentale, Mother Angel, sostanzialmente basato sulla classica progressione I-IV, l’ideale per le scorribande solistiche di Earl in possesso di uno stile...

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scarno come nella migliore tradizione del blues, ma che sa deliziare con fraseggi melodici senza l’ausilio di alcun effetto OD.

Elegy For A Bluesman (un minor blues d’atmosfera di Dave Limina), è l’omaggio che lo stesso tastierista fa al collega Maxwell. A questo proposito Earl ha dichiarato: “Il nostro pianista ha scritto un brano che cattura il feeling dell’album e noi vogliamo dedicarlo a Dave ed alla sua famiglia, con amore e gratitudine profonda…”

In Memory Of T-Bone parla da sola già dalla titletrack: uno slow blues strumentale in 12/8, vero banco di prova per ogni bluesman che si rispetti. Il linguaggio di Earl è di prim’ordine; non si limita a sciorinare una serie di lick pentatonici dal sapore blues, ma racconta davvero una storia, con la linea melodica che si sviluppa fraseggio dopo fraseggio, con quel clean tone sfacciatamente Strato, ed altrettanto spudoratamente bello.

Con Kismet il leader fa il suo esordio alla voce e al songwriting (il brano è scritto a quattro mani con Diane Blue, ormai membro a tutti gli effetti dei Broadcaster). Qui la performance della Blue “risveglia” gli animi e dona una rinnovata linfa alla band, con un Limina sugli scudi ed un Earl a tallonarlo con sapide frasi da bluesman consumato.

Arrivano quindi le due cover della scaletta – Double Trouble (Otis Rush) e As The Years Go Passing By (Deadric Malone) – due minor blues piuttosto fedeli alle versioni originali, mentre l’apice l’album probabilmente lo tocca con la lunga Blues For David Maxwell, uno slow che raggiunge la durata “monstre”di quasi 10 minuti!

You Don’t Know Me scorre senza sussulti, mentre BroJoe – l’unico shuffle dell’album che più classico non si può – è suonato dalla band con dosi industriali di feeling! (Entress e Mouradian sono un esempio di quello che ogni sezione ritmica dovrebbe fare in casi come questi…)

In conclusione, Ronnie Earl ed i Broadcasters si confermano come una realtà consolidata del panorama blues di stampo internazionale, con un disco che non delude né i fan della prima ora, né chi è alla ricerca di buona musica suonata con onestà e rispetto per la tradizione!

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