ALBERT CUMMINGS Strong

di Dario Guardino
01 maggio 2024

recensione

ALBERT CUMMINGS
Strong
Ivy Music
Piuttosto singolare la storia di Albert Cummings... Inizia per gioco a suonare il banjo all’età di dodici anni e diviene un fan della musica bluegrass, mentre un live di Stevie Ray Vaughan del 1987 è lo switch che lo porta ad intraprendere la strada del professionismo e alla successiva pubblicazione del suo album d’esordio del 1999, The Long Way (Albert Cummings & The Swamp Yankees), all’età relativamente avanzata di 32 anni. Non solo, ancor prima di raggiungere l’attuale status, Cummings è stato un rinomato costruttore edile...

L’apice della fama arriva nel 2011, quando Cummings dà alle stampe un dvd didattico per la Hal Leonard Co. che titola Working Man Blues Guitar; successivamente, il chitarrista del Massachussetts collabora con B.B. King, Johnny Winter e Buddy Guy, e condivide il palco con i Double Trouble, per meglio dire, Tommy Shannon (basso) e Chris Layton (batteria), ovvero la sezione ritmica del compianto Stevie Ray Vaughan. Sono proprio Shannon e Layton a occuparsi della realizzazione e produzione del debutto discografico di Cummings del 2003: quel From The Heart registrato ad Austin, nel Texas, che rappresenta altresì il primo progetto discografico dei Trouble dopo la scomparsa di SRV....

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Strong è l’ultimo album di Cummings, frutto della coesa partnership con il pluripremiato produttore/batterista/compositore Tom Hambridge, registrato allo storico Ocean Way Recording Studio, tra i più rinomati di Nashville. L’album racchiude dodici brani per una scaletta che miscela ammalianti riff di chitarra, linee vocali ricche di melodia e gustosi lick capaci di sfociare, ove occorre, in assoli infuocati: ma non si tratta soltanto del blues delle radici, ma della voglia di Cummings di immergersi anche nel country e nello spirito rock che gli appartengono; e, come se ciò non bastasse, ecco che a caricare l’atmosfera si aggiunge la palpabile empatia tra Cummings e Hambridge, tra le cui prove maiuscole si segnalano Emmylou, l’incandescente opening scritta a quattro mani, e una cover (l’unica del disco) che convince davvero: quella Why Don’t We Do It In The Road (dal White Album dei Beatles, 1968), rivisitata in una elegante versione soul.

Strong, quindi, non soltanto rende omaggio alle radici del blues, ma si spinge dentro territori e nuance diversi e gli ingredienti ci sono tutti: riff poderosi, voce ruvida, accenni di Southern (la spensierata Fallen For You, impreziosita dai cori di Wendy Moten), piglio da bluesman consumato, assoli roventi e testi sinceri. Poi si aggiungono le ballad, là dove Cummings dà il meglio di sé: è il caso della vibrante Lately, splendida folk-ballad che narra della fine di un amore [“vorrei far svanire questi ricordi...”] e di My Sister’s Guitar, brano intriso di soul, nonché vera dichiarazione d’amore per la seicorde.

Suonato con l’intensità e lo stile inconfondibile di Albert Cummings, Strong pare un’esplorazione sonora degli alti e bassi della vita umana e, come tale, carica di quei sentimenti ed emozioni che si alternano. Un album che fotografa il viaggio di un Cummings in cammino a macinare chilometri ed esperienze e che oggi la critica ha già definito, a ragione, il suo miglior lavoro in studio.

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