PROMISED LAND OR BUST Moreland & Arbuckle
di Umberto Poli
23 aprile 2017
recensione
PROMISED LAND OR BUST
Moreland & Arbuckle
Alligator Records
Se oggi possiamo ascoltare e godere della musica dei Moreland & Arbuckle dobbiamo certamente dire grazie a Son House e alla sua Death Letter. È stato infatti questo brano del celebre bluesman del Delta, datato 1965, ad instradare il chitarrista Aaron Moreland sulle torride e polverose vie della musica del diavolo. Proprio lui che, assieme al cantante e armonicista Dustin Arbuckle, di caldo e polvere ne sa ben qualcosa arrivando direttamente dalle arse distese pianeggianti del Kansas.
Fieri portavoce di un sempre più inarrestabile gritty blues and roots rock from the heartland, così come sono soliti definire il loro genere, i Moreland & Arbuckle - assieme al batterista Kendall Newby - hanno recentemente dato alle stampe il nuovo lavoro Promised Land Or Bust, il primo ad essere prodotto dalla Alligator Records di Chicago e forse quello che - ancor più delle precedenti prove in studio - sembra tratteggiarne appieno identità, suono e coordinate artistiche.
La band, attiva ormai dal lontano 2005, è pronta e scalpitante per il fatidico grande salto. La formula voce-armonica-chitarra-batteria funziona, le canzoni anche e in generale tutto l’album scivola via con fluida agilità attraverso riff, stacchi e una potenza tale...
l'articolo continua...
Fieri portavoce di un sempre più inarrestabile gritty blues and roots rock from the heartland, così come sono soliti definire il loro genere, i Moreland & Arbuckle - assieme al batterista Kendall Newby - hanno recentemente dato alle stampe il nuovo lavoro Promised Land Or Bust, il primo ad essere prodotto dalla Alligator Records di Chicago e forse quello che - ancor più delle precedenti prove in studio - sembra tratteggiarne appieno identità, suono e coordinate artistiche.
La band, attiva ormai dal lontano 2005, è pronta e scalpitante per il fatidico grande salto. La formula voce-armonica-chitarra-batteria funziona, le canzoni anche e in generale tutto l’album scivola via con fluida agilità attraverso riff, stacchi e una potenza tale...
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da ricordare Black Keys, White Stripes, ZZTop e addirittura i mitici Cactus di Rusty Day e Jim McCarty. Se album come 1861, Flood e il più recente 7 Cities avevano posto basi già molto solide per i tre ragazzi di Wichita, Promised Land Or Bust aggiunge ulteriore lustro e compattezza ad un combo che non teme rivali nel suo settore e che, indubbiamente, se non dal punto di vista dell’innovazione o della varietà, in quanto a schiettezza, sincerità e qualità della proposta sa come esaltare e far vibrare il suo pubblico.
Pezzi come Mean and Evil, Long Did I Hide It, la cover I’m A King Bee di Slim Harpo trasudano groove; sono divertenti, incalzanti, dissetano come un cocktail di sole, brezza fresca ed energia. Consigliato a chi ama i suoni grassi e corposi, la sacra triade Gibson Les Paul-cigar box-slide, le voci graffianti e l’armonica di Little Walter, Junior Wells, Andy J. Forest.
Perfetto per i lunghi tragitti in auto con i finestrini abbassati e le casse a tutto volume. Selezionate When The Lights Are Burning Low e schiacciate Play. Il resto verrà da sè… buon viaggio!
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