JOHN MAYER The Search For Everything

di Dario Guardino
10 agosto 2017

recensione

JOHN MAYER
The Search For Everything
Columbia
Eravamo rimasti a dir poco ammaliati dalla svolta roots di Mayer, concretizzatasi con la pubblicazione di due album, rispettivamente Born And Raised (2011) e Paradise Valley (2013), due lavori intensi e di notevole spessore artistico. Nel lasso di tempo che intercorre tra la pubblicazione dell’ultimo album in studio (datato 2013) ad oggi, Mayer ha messo su un Combo (denominato Dead & Company) coinvolgendo alcuni dei membri dei Grateful Dead, con i quali ha avuto modo di esibirsi in un breve ma intenso tour. L’ultimo lavoro in studio è stato preannunciato dallo stesso Mayer attraverso i social network, una ghiotta occasione per rivedere il nostro accompagnato dai fedelissimi Steve Jordan alla batteria e Pino Palladino al basso, sancendo in pratica il ritorno del John Mayer Trio. Le premesse per un nuovo grande album ci sono tutte.

The Search For Evertything, album dalla gestazione quantomeno insolita, rappresenta il settimo capitolo in studio dell’artista americano. Lo stesso Mayer, sempre tramite l’ausilio dei social, dichiara che l’album verrà pubblicato in tre tranche (saranno 12 le tracce complessive)… “C’erano troppe canzoni per essere pubblicate tutte in una volta”. Non siamo in grado di dire se l’idea...

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di Mayer sia da considerare una mera trovata pubblicitaria o una scelta ponderata di marketing, fatto sta che i primi 4 brani vengono pubblicati in un EP il 20 Gennaio 2017, seguiti appena un mese dopo da un secondo EP, denominati rispettivamente Wave One e Wave Two. Il 14 Aprile, finalmente, The Search For Everything, ha visto la luce e noi di Guitar Club non ci siamo fatti scappare l’occasione di raccontarvi l’ultima fatica discografica del nostro.

Still Feel Like Your Man, opening track è anche il primo singolo dell’album, il brano segna un deciso ritorno alle origini: un elegante pop song, dalla produzione e dai suoni curatissimi. Emoji Of A Wave ci riporta, come se nulla fosse, al Mayer roots che tanto avevamo amato nei due precedenti lavori in studio, restiamo letteralmente affascinati dalla bellezza della melodia, esposta da un Mayer in stato di grazia, accompagnato dalla fedele chitarra acustica. Helpless è introdotta dal tipico riff Mayeriano, dal tiro funk e carico di groove, un altro potenziale singolo; il brano si chiude con il primo solo dell’album, che Mayer esegue in forma davvero smagliante. Con Love On The Weekend si rimane invece in territori cari ai primi album della carriera di Mayer.

Nel Pop, si sa, non è mai facile non scadere nel banale, trappola che Mayer riesce a sfuggire grazie a buone idee e ad arrangiamenti mirati a non appesantire il tessuto melodico-armonico del brano. In The Blood è una splendida ballad dal sapore country, ed anche in questo brano Mayer arricchisce il tutto donandoci un solo eseguito magistralmente. È incredibile come la qualità dell’album rimanga sempre così elevata, siamo in presenza, sinora, solo di potenziali singoli che se da un lato ammiccano alla melodia di facile presa, dall’altro sono eseguiti con maestria e cura manicale nei suoni e negli arrangiamenti. Theme From The Search For Everything, primo ed unico strumentale dell’album, è semplicemente deliziosa, seppur breve, Moving On And Getting Over invece è connotata da un respiro black soul molto gradevole. Never On The Day You Leave è LA ballad. Rosie è un mid tempo eseguito con una classe immensa; coretti ammiccanti, armonia raffinata e ricercata, ed inserti solistici di rara eleganza. Nel solo, così come nei fraseggi di riempimento, Mayer tocca delle vette davvero altissime per gusto ed ispirazione. Forse il miglior brano dell’album.

Siamo, purtroppo, quasi giunti alla fine e abbiamo già voglia di riavvolgere il nastro e riascoltare tutto più e più volte. È il momento di Roll It On Home, il brano dal respiro più country di tutto l’album. Che si parli di Pop o di Country, Soul o Blues, Mayer ha ormai assunto una tale caratura artistica, leggasi maturità, da potersi permettere di spaziare con disinvoltura, classe e, non ultimo, rispetto, per la tradizione attraverso generi in parte distanti ma accumunati dalla tradizione USA.

You’Re Gonna Live Forever In Me, altra ballad intensa e dolcissima, chiude degnamente quello che, senza paura di esser esageratamente di parte, ci sentiamo di definire come il capolavoro di John Mayer, la summa del suo lavoro. Un punto di arrivo? Noi lo definiremmo come un nuovo punto di partenza, per quello che può essere considerato uno dei talenti più puri degli ultimi anni.

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