DeJohnette Scofield Grenadier Medeski
recensione
Hudson è anche il nome della valle omonima che ospita il famoso fiume che giunge nella metropoli newyorkese nella quale i quattro suddetti musicisti vivono, ed è anche il titolo della opening track, un vero e proprio trip musicale: un brano della lunghezza “monstre” di quasi 11 minuti, il pretesto per una lunga jam di stampo funky nel quale aleggia lo spirito dell’ultimo Miles Davis.
Su un pedale di E, Medeski e Scofield – sostenuti dalla sontuosa sezione ritmica costituita da Jack DeJohnette dietro i tamburi e Larry Grenadier al quattro corde – si scambiano frasi il cui inside ed outside playing convivono in un balance perfetto: Medeski col suono del classic Rhodes arricchito dal ring modulator, e Scofield con quel tipico fraseggio “sbilenco”, tanto caro agli appassionati della seicorde.
Arriva quindi El Swing, tipico brano à-la Scofield, che di swingato ha solo l’incedere, seguito da Lay Lady Lay, eccellente cover del noto brano di Bob Dylan qui arrangiata in salsa reggae. Il successivo Woodstock porta la firma di Joni Mitchell, ulteriore...
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cover presente nel disco in questione. [Woodstock, ricordiamolo, è la nota cittadina nello stato di NY in cui si è svolta l’edizione del festival, divenuto il manifesto di un’epoca].
A Hard Rain’s A-Gonna Fall è una ulteriore cover di Dylan, con uno Scofield in grande spolvero ad esporre il tema e sciorinare un outside playing d’alta scuola e con la sezione ritmica a fungere da ideale tappeto per le sue scorribande solistiche.
Wait Until Tomorrow, cover di di Jimi Hendrix, propone una versione che si discosta parecchio dall’originale, privilegiando groove di matrice funky/fusion decisamente più vicini alla musicalità dei quattro musicisti in questione.
Dopo la ostica Song For World Forgivness, arriva Dirty Ground, primo ed unico brano cantato da Jack DeJohnette che si rivela anche un ottimo vocalist! Si tratta di una cover del batterista/pianista Bruce Hornsby ed è caratterizzata da un ottimo mix di stampo soul/blues.
Arriva quindi Tony Then Jack, che è un pregevole blues/swing in cui il piano di Medeski pare fare il verso a Jimmy Smith. Segue Up On Cripple Creak che chiude il trittico dei brani di Dylan: versione eseguita magistralmente, in cui la parola d’ordine è interplay.
Chiude Great Spiriti Peace Chant, sorta di canto tribale accompagnato dalle sole percussioni, che si discosta nettamente dal tessuto armonico/melodico delle tracce precedenti.
In conclusione, Hudson si rivela l’occasione per ascoltare musica di altissimo livello eseguita da quattro musicisti che hanno fatto e continuano a fare scuola…
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