Mauro La Luce "Delirium, il lungo Viaggio"
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recensione
LE ORIGINI BEAT
“Delirium il lungo viaggio” ripercorre il viaggio della band dagli inizi dei Settanta, ovvero dalla metamorfosi dei Sagittari, un complesso beat che allora va forte nelle sale da ballo e che tra il 1967 ed il 1970 incide una manciata di 45 giri (brani raccolti in un cd pubblicato nel 2007). L’ultimo 45 giri dei Sagittari, “Io ne morirei/Buongiorno amore”, anticipa le sonorità del rock progressivo; dopodiché Riccardo Anselmi abbandona non condividendo la svolta musicale della band, e viene sostituito da Ivano Fossati. Si esibiscono per un ulteriore anno e poi cambiano il nome in Delirium. Da qui, è tutta un’altra storia…
IL SUCCESSO A SANREMO
Per mettere su carta il percorso artistico dei...
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Delirium, La Luce è ricorso a numerosi demo in vinile e a un vecchio, enorme quaderno pieno di appunti, recensioni e fotografie. Dichiara: “Ho annotato, negli anni, sensazioni, emozioni, commenti dei fan, nonché le varie versioni delle liriche e delle musiche che hanno dato origine alle canzoni e agli album…” Indubbiamente, quello di La Luce è un osservatorio privilegiato per la ricostruzione della carriera e dell’evoluzione della band genovese, che parte subito con un grande successo, “Il canto di Osanna”.
Il loro primo 33 giri “Dolce Acqua” è un concept suddiviso in preludi, movimenti e sequenze, e fatto di brani ermetici e barocchi. (Nel disco c’è anche “Johnnie Sayre”, tratto da una poesia della Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters).
Arriva il 24 febbraio 1972 e la band si impone al grande pubblico con la canzone “Jesahel” presentata al Festival di Sanremo. [Dal libro si apprende che il brano doveva essere proposto sul palco sanremese in abbinamento a Claudio Villa ma all’ultimo momento la Rai bandisce le accoppiate ed i Delirium restano gli unici interpreti. E’ curioso pensare all’interpretazione che ne avrebbe fatto il “reuccio” della canzone italiana, così agli antipodi con le atmosfere hippie dei Delirium sanremesi… chissà se Villa l’ha mai provata o ci ha registrato un demo…]
La band partecipa quindi a Un disco per l’Estate ottenendo un ottimo piazzamento con il brano “Haum”: è il brano d’addio di Fossati, scritto insieme a Oscar Prudente.
LA RIPARTENZA SENZA FOSSATI
Dalla lettura del libro traspare il feeling di allora tra le band genovesi. Nel momento di massima crisi, è il bassista dei New Trolls, Frank Laugella, a proporre al tastierista Ettore Vigo di reclutare il flautista e sassofonista Martin Grice. A questo punto la storia dei Delirium si incrocia con quella di Mauro La Luce, il quale realizza per la band i testi di un nuovo concept che ha come protagonista un ragazzo turbato dalla violenza della guerra. La gente lo deride e lo considera folle e invece, “Lo scemo e il villaggio” rimane in testa alle classifiche dei 33 giri per 16 settimane.
Esce il terzo album “Delirium III, viaggio negli arcipelaghi del tempo”, la cui trama parla di un uomo a cui viene offerto il dono dell’eternità e viaggia da un continente all’altro affinché capire il senso dei conflitti nel mondo, ma che viene assalito da un dubbio: è veramente un dono quello che gli consente di vivere in eterno in un mondo dilaniato e arso dalla cupidigia del potere?
Dopo un tour trionfale e con il 33 giri in vetta alle classifiche, nel settembre 1974, tra Fonit Cetra e Delirium si consuma un assurdo divorzio. La band si divide tra la proposta di Augusto Martelli che li vuole nella sua etichetta (Aguamanda) e la prospettiva di essere lanciati sul mercato internazionale. Con la nuova etichetta registrano alcuni 45 giri di scarso successo con la formazione che a quel punto è privata di Mimmo Di Martino e Martin Grice ma vede il cantante/flautista Rino Dimopoli.
GLI ANNI DUEMILA
Negli anni Duemila la band genovese riparte e lo fa con “Vibrazioni notturne” (2007) inciso per Black Widow: un live, che è un resumé della produzione degli anni Settanta. Ci sono i tre componenti storici Ettore Vigo alle tastiere, Pino Di Santo alla batteria e Martin Grice al flauto e sax, a cui si uniscono Roberto Solinas alle chitarre e voce solista e Fabio Chighini al basso.
Poi giunge “Il nome del vento”, il quarto album da studio pubblicato dalla band nel 2009 a distanza di 35 anni dall'ultimo disco di inediti, in cui torna il paroliere di sempre con una storia che forse prende spunto da “Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway. L’album parla di un uomo in barca in balia delle onde in una notte buia e tempestosa; quando tutto sembra perduto una luce fioca che arriva da un atollo riaccende la speranza. Ma l’isola è battuta da un vento impetuoso con cui è impossibile convivere: quale sarà allora la via della salvezza?
L’ERA DELLA MENZOGNA
Il quinto disco di inediti, “L’era della menzogna” – un urlo di dolore della società civile – è del 2015 e vede protagonista una band profondamente rinnovata. Con Vigo e Grice c’è Alessandro Corvaglia, un frontman abile nella comunicazione con l’audience; altre due new entry sono Michele Cusato alla chitarra ed Alfredo Vandresi alla batteria, mentre è confermato Chighini al basso. Una band potente e incisiva per un disco urticante, sul declino della politica. Canta Corvaglia: “Viviamo prigionieri nell’era del degrado… i ladri di partito non hanno mai vergogna…”
La narrazione prosegue col racconto della band impegnata nei tour più recenti, inclusa l’acclamata data di Tokyo. Il volume è arricchito da interviste al sestetto e da un nutrito corredo di foto e stralci di articoli dell’epoca.
136 pp. illustrate Euro 15,90
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