Un ultimo saluto a Leonard Cohen

di Paolo Pavone
15 novembre 2016
Quando le corde si spezzano, la musica si ferma e irrompe il silenzio, potente e lacerante, le luci si affievoliscono e la poesia trattiene il respiro, per una pausa che durerà per sempre. Questo è accaduto lunedì 7 novembre, quando Leonard Cohen si è spento nella sua abitazione a Los Angeles. A darne notizia la sua casa discografica Sony Music, che lo ha annunciato sulla pagina facebook senza però fornire spiegazioni sulle cause.
82enne, Cohen ha scritto le migliori pagine della storia della musica e di tutto il cantautorato: a lui si sono ispirati artisti italiani ed internazionali, da De Gregori a Nick Cave.

Cohen ha parlato al cuore delle persone attraverso i suoi versi, mantenendosi distante dall’autocompiacimento dell’artista di fama, sempre umile e modesto. Sul suo viso i segni della malinconia che lo ha sempre attanagliato, e che lui ha saputo guardare negli occhi trovando dietro quello specchio l’amore di cui ha cantato con grazia e sofferenza. “C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che passa la luce” recitava, e quella luce ha colorato i suoi versi e le sue melodie di sfumature a tratti soffici e a tratti graffianti. Cohen aveva una sensibilità fuori misura,...

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e sapeva esprimerla con le parole migliori, e nel grumo di una sola parola vi era condensato il significato di un’esperienza intera.

Canadese di origini ebraiche, Cohen ha esordito nel 1956 come poeta, con la raccolta Let Us Compare Mythologies. Seguono poi un’ulteriore raccolta poetica The Spice Box Of Earth (1961) e i romanzi The Favorite Game (1963) e Beautiful Losers (1966). Nel 1968 pubblica invece il suo primo album, Songs Of Leonard Cohen, che a dispetto del clima rivoluzionario del tempo e della musica di protesta celebrata da artisti come Dylan, guarda all’individuo, all’interiorità. L’album ha successo e rivela l’animo irrequieto del cantautore, un ritratto delicato e disperato, un lirismo raffinato e struggente e una profondità disarmante che contraddistinguerà tutta la sua produzione. È in quest’album Suzanne, una fra le ballate più eleganti e suadenti di tutta l’opera di Cohen.

Songs From a Room (1969), il suo secondo disco, conferma la tensione narrativa del primo e le atmosfere trasognate e deformate da una solitudine viscerale, mentre Songs Of Love and Hate (1971) consacra il talento di Cohen e contiene uno dei capolavori di sempre, Famous Blue Raincoat. Gli album successivi non saranno da meno: Live Songs (1972), New Skin For the Old Ceremony (1973), Death Of A Ladies' Man (1977), Recent Songs (1979), Various Positions (1984), I'm Your Man (1988), The Future (1992), Ten New Songs (2001), Dear Heather (2004), Old Ideas (2012), Popular Problems (2014). Infine l’ultimo album You Want It Darker, uscito l’ottobre scorso, che chiude il cerchio tornando alle origini.
La musica ha perso una pagina di poesia.

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