Bon Iver - "22, A Million"

recensione
Fin dalla sua straniante introduzione il nuovo lavoro firmato Bon Iver conferma chiaramente ciò che tutti coloro che hanno seguito la carriera di Vernon stavano attendendo: evolversi è la chiave di volta. Dalle trame più acustiche e semplici di For Emma… è passato qualche anno, la parola di Vernon ha ampliato i suoi margini coinvolgendo sonorità che sono andate inglobando elementi tersi ma pur sempre pregni di significato; Bon Iver ha cambiato nuovamente le carte in tavola, portando alla luce un viaggio musicale e geografico che ha esplorato strade di note, le quali hanno dato corpo a motivi e ragioni di ricerca sfociati in un quadro dall’incredibile impatto emozionale.
22, A Million arriva quindi a proseguire il viaggio dell’ensemble...
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di Vernon: se il capitolo discografico del 2007 era stata la presentazione al mondo, e Bon Iver l’avventura di ricerca ed esplorazione, 22, A Million si dirige verso l’uomo e l’individuo.
Una trama diradata di loop, synth e chitarre disperse, in cui il falsetto di Vernon e la ricca strumentazione del gruppo trovano il miglior terreno espressivo per andare a fondo nel riconoscimento dell’uomo come fonte generatrice. Non è più un navigare nel mondo, ma è l’instaurazione di un rapporto di relazione con esso tramite suoni che rimbalzano su pareti di pensieri e si producono in musica che avvolge, dialoga, discute, parte e ritorna, arriva e si rigenera.
È inutile provare a spiegare ulteriormente quello che è un prodotto d’arte nella sua accezione più coraggiosa, un album che palpabilmente stenta a restare nei margini di questo contenitore, che punta a molto altro e che sicuramente colpisce e produce nuovo significato in e con ognuno di noi, rendendoci quindi partecipi di un’esperienza musicale unica.
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