Federico Malaman, The Major Scale
recensione
The Major Scale è un metodo didattico importante e ricchissimo: quasi 200 pagine, nelle quali Federico Malaman propone oltre un centinaio di esercizi di tecnica, moltissima teoria, ascolti consigliati e tanti paragrafi con aneddoti, guide all’ascolto e vari suggerimenti per lo studio. Si parte dalla visualizzazione della Scala Maggiore spiegata attraverso sviluppi in verticale, su una ottava, due ottave, e mettendo in gioco Allargamenti e Slide che proiettano le diteggiature verso le soluzione esecutive più moderne e fluide. Segue una analisi minuziosa degli Intervalli, spiegati attraverso un’approfondita descrizione teorica ma anche attraverso una cospicua serie di esercizi che aiutano a fissarne la conoscenza sulla tastiera. A questo punto, la Scala Maggiore si apre a ventaglio sviluppandosi su tutto il manico e consegnando una preziosa e...
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chiara introduzione alle Scale Modali. Seguono i capitoli dedicati alle Triadi e alle Quadriadi, supportati da spiegazioni teoriche, diteggiature, rivolti e da una mole sconfinata di esercizi che permettono di tastare con mano la proverbiale ricchezza tecnica del linguaggio di Malaman.
La parte conclusiva del testo è affidata a Esercizi di Tecnica e Riff costruiti sulla Scala Maggiore che spronano lo studente a mettere in pratica e a misurarsi sul piano musicale con tutto il materiale tecnico e teorico affrontato nel testo. Valore aggiunto è la ricca e dettagliata Appendice Teorica in calce al metodo, intesa a fornire un prezioso supporto per il ripasso e lo studio di ogni tema affrontato.
A supportare Federico Malaman nella realizzazione di questo testo Federico Zanetti, musicista e collaboratore editoriale di Uzeb, Elio & Le Storie Tese, Alain Caron e Gianni Rojatti, curatore della collana i Quaderni di Accordo di cui questo testo fa parte. The Major Scale è acquistabile online dallo Store di Accordo.it
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Sei un bassista conosciuto per un fraseggio e una tecnica evoluti: incuriosisce il fatto tu abbia dedicato un metodo didattico a un argomento apparentemente così facile, la Scala Maggiore...
Invece la Scala Maggiore è un argomento fondamentale. È impensabile diventare un musicista preparato, degno di nota, senza averne una conoscenza solida e approfondita. È vero, ricevo parecchio domande legate alla mia tecnica o al mio fraseggio dai bassisti che vorrebbero ottimizzare questi aspetti, e nel tempo mi sono accorto che molti di essi interessati a migliorare, sono limitati proprio da una conoscenza non solida delle basi. Basi che, una buona conoscenza della Scala Maggiore, invece, garantisce.
È un metodo adatto anche a chi inizia?
Non solo. Certo, il principiante troverà un percorso molto strutturato per imparare i numerosi argomenti trattati, supportato anche da una ricca Appendice Teorica che è tra i fiori all’occhiello di questo metodo. Per il musicista più esperto sarà comunque un metodo interessante e utile: da utilizzare come testo di supporto nelle lezioni con i suoi studenti, nel quale troverà una moltitudine di esercizi per tenere allenata la tecnica misurandosi con quegli stessi studi che io stesso continuo a praticare e spesso utilizzo nei miei assolo.
Gli esercizi sono davvero tantissimi…
Sì, sono quelli che ho selezionato in una vita di studi, spesso ispirandomi alla musica classica. Ma, tornando al valore del metodo, credo che un suo pregio sia il fatto che nel proporre un percorso così dettagliato di studio della Scala Maggiore, fornisca un metodo lavoro applicabile a qualunque altra scala.
Nel metodo, insisti sul valore della musica classica…
Sì, perché la musica classica è la matrice di tutto. Pensiamo a un genere come il Gospel, intorno al quale da anni c’è un certo fermento legato soprattutto all’aspetto ritmico. Il Gospel ha due matrici: quella Blues afroamericana e quella dei Corali bianchi. Io credo che la musica sia in continua evoluzione; la musica è l’evoluzione di sé stessa. Anche il Jazz è l’elaborazione e sviluppo di concetti che alla base mettono in gioco e poggiano sugli elementi classici. Per me è davvero difficile pensare, per esempio, a Bill Evans senza Bach o senza Chopin alle sue spalle.
La musica classica quindi è indispensabile per una base teorica solida?
Certo, ma anche tecnica. In questo testo spiego proprio come ho sviluppato la mia tecnica servendomi principalmente di esercizi estratti dalla musica classica: esercizi inseriti nel metodo. Per esempio, cellule melodiche prese da Bach che poi ho sviluppato diatonicamente attraverso tutta la scala; oppure esercizi ispirati al celebre “Il Pianista Virtuoso” di Hanon. Questi studi sviluppano la tecnica, consolidano la consapevolezza teorica e al contempo sono materiale con un senso musicale e melodico già finito, che sarà poi spendibile nelle proprie composizioni e improvvisazioni.
Sono tutti studi di carattere armonico e melodico?
No, ho pensato anche al ritmo. Ci sono riff ed esercizi che spronano a lavorare proprio su diverse figure ritmiche che poi sono combinate tra loro.
Caratteristica del metodo è la presenza di tanti capitoli nei quali ti rivolgi al lettore raccontando aneddoti e dispensando consigli…
Sì, ho voluto preservare un aspetto che ritengo importantissimo in una lezione. La possibilità dell’insegnante di trasmettere all’allievo un po’ della sua esperienza. Nozioni non strettamente e necessariamente teoriche, ma che possono però spronarlo e aiutarlo ad appassionarsi allo studio.
In particolare, su cosa insisti?
Sul valore dello studio, sulla necessità di darci dentro, perché nella musica nulla viene regalato. Io suono da 28 anni e ancora non sono contento del mio playing, continuo a studiare. Lo dico soprattutto a tanti musicisti che si diplomano e pensano che il loro percorso di crescita sia finito quando, invece, è proprio lì che sta iniziando... Terminati gli studi non c’è più la figura di un insegnante che ti supporta ed è necessario arrangiarsi, essere autonomi e competitivi. E l’unica maniera per farlo è essere preparati, continuando a studiare.
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