CLAUDIO LODATI Boiler

di Silvio Barisone
02 marzo 2017

recensione

CLAUDIO LODATI
Boiler
Splash Records
Classe 1954, Claudio Lodati è presente sulla scena del jazz contemporaneo dal 1977, l’anno in cui esce il suo primo lavoro discografico. Torinese Dòc, a soli 20 anni fonda il noto progetto Art Studio assieme a Carlo Actis Dato, Enrico Fazio e Fiorenzo Sordini.

Chitarrista/compositore/creatore di progetti originali e futuristici, dopo aver conquistato vaste platee europee ed americane con varie formazioni, Lodati giunge alla sua 33esima incisione discografica che ha titolato Boiler, egregiamente supportata dall’ensemble Dac’corda, e basato sull’utilizzo predominante degli strumenti a corda. Un lavoro ricco di suggestioni e colori, in cui è facile percepire tutta la capacità descrittiva dell’autore piemontese.

La prima traccia – quella che dà il titolo all'album – poggia su un rock riff prepotente, che si intreccia con una melodia suggestiva ed eterea prima, più morbida e rilassante poco dopo, per confluire poi in un interessante fraseggio dal suono acido e spigoloso, con il colloquio delle chitarre interrotto da una batteria dal dall’andamento jazzy.

Scintille è il secondo brano della scaletta: sonorità decisamente differenti dall’episodio precedente, a sottolineare la diversità di vedute compositive dell’autore. Un interessante scintillio di chitarra apre il brano e che, dopo un tema sviluppato su tempi dispari,...

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prende a scivolare su ritmi esotici per confluire dolcemente in un momento tipicamente swing.

La terza traccia, Just Go There, è una splendida ballad dal suono intenso e dalla melodia accattivante, là dove le armonie classiche jazz si intrecciano con quelle più pop e a tratti acid, immerse in una rilassante improvvisazione di chitarra che poi lascia spazio al contrabbasso per un assolo melodico.

Corsari è la quarta traccia della scaletta: un riff iniziale articolato con un tempo di 9/4 affluisce per poche battute in uno swing moderno, per tornare poi ai tempi dispari in cui si articola una pertinente improvvisazione chitarristica ad opera di Lodati.

Segue Cats In Love, in cui la musica descrittiva dell’autore si fa concreta grazie all’abilità con cui gli strumenti riescono a rendere chiara la situazione: la sensazione di vivere una scena tra gatti è netta e decisamente riconoscibile.

Dal canto suo, Malibù inizia con un arpeggio di chitarra incalzante in cui alle armonie maggiori si sovrappone una melodia dal sapore spagnoleggiante che lascia ampio spazio al contrabbasso, mentre Fidel, è la prova che questo è proprio un album dai colori e panorami differenti.

L’atmosfera si fa austera con David, brano caratterizzato dagli intensi intrecci del dialogo tra gli strumenti che riescono a rendere il mood tanto affascinante quanto misterioso. Lo stesso format, tenebroso ed enigmatico, prosegue nel successivo White Star, brano con un ritmo marziale e apparentemente sconnesso al contempo; fatto di sonorità imprevedibili, bizzarre e sorprendenti. (Lodati dedica questi ultimi due brani a David Bowie).

Il percorso esplode con Il Vulcano: un accattivante riff di chitarra che apre; si interrompe e poi lascia spazio ad un avvincente dialogo tra contrabbasso e batteria, fino a quanto un acido disegno chitarristico prende a colore il tessuto sonoro giungendo a una reale esplosione di nuances e suggestioni.

I Dac'cordia sono Nicola Cattaneo (guitar, santour), Giorgio Muresu (double bass) e Toni Boselli (drum) ed il leader Caludio Lodati: un ensemble ambizioso, autorevole e dall’indiscusso valore, in grado di abbracciare sonorità, colori, orizzonti e paesaggi futuristici di diverso tipo. Il tutto servito dall’interplay coeso e pathos dei musicisti coinvolti.

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