SAM FENDER Seventeen Going Under

di Andrea Martini
04 novembre 2021

recensione

Sam Fender
Seventeen Going Under
Polydor Records.
A quasi due anni di distanza da Hypersonic Missiles, il suo album di debutto che raggiunge il numero 1 delle chart britanniche, Sam Fender si rimette in gioco con il nuovo Seventeen Going Under, registrato a North Shields, la città in cui è nato, e prodotto da Bramwell Bronte.

Profondo, intimo e riflessivo, Seventeen Going Under è lo sguardo di Sam Fender alla sua adolescenza, all’affievolirsi dell’innocenza di teenager che poi trova la forza per navigare verso l’età adulta. North Shields, piccolo centro del nord-est britannico, è lo sfondo degli intimi racconti dell’album; storie di una giovane vita che corre senza fiato, ma che a un certo punto (lo stop forzato della pandemia) tira il freno a mano e si mette a guardare indietro, là dove ha iniziato: una tracklist che è la cronaca dei ricordi più cari di Sam, ma anche quella dei momenti più difficili. La storia della sua vita di adolescente. “Questo album riguarda il fatto del crescere. È una celebrazione della vita dopo le difficoltà vissute, una celebrazione della sopravvivenza…” – ha dichiarato lo stesso  Sam Fender presentando il suo nuovo capitolo discografico.

 

Uptempo fluido e trascinante, nonché pezzo da novanta...

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dell’album, Seventeen Going Under  (la  titletrack) è il binario su cui corrono poi gli altri dieci brani della scaletta: chitarre e accordi ariosi, melodia che ti si appiccica addosso, voce ricca di pathos ed un sound pronto a mostrare i muscoli e a sottolineare i crescendo.

Se in Aye il giovane artista britannico (classe 1994) ragiona su certi eventi brutali della storia, in Spit Of You egli pone lo sguardo sul rapporto con suo padre; brano fluido e pacato, con la chitarra a supportare i versi con gusto ed equilibrio. Umori in stile Echo & The Bunnymen in The Leveller, mentre sono chitarra, suono clean, voce definita e impostata a condurre Mantra. Segue Paradigms col suo drumbeat che per certi versi rimanda ai The National.

Chiude The Dying Light: avvolgente intro di pianoforte, e poi un basso pulsante e un brillante suono dei crash a creare la texture del brano.

Più personale del precedente, Seventeen Going Under  ribadisce lo spirito di osservazione di Sam Fender: un album coraggioso e celebrativo, in cui il giovane artista britannico mira a trasformare le proprie esperienze in arte, come i reali songwriter sanno fare.


Andrea Martini

 


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