KELLER WILLIAMS Grit
recensione
La chitarra acustica, regina indiscussa dell’album, talvolta si mette al servizio dei brani accompagnando voce, cori e melodie (che, soprattutto per quel riguarda i ritornelli, portano immaginazione e orecchie dritte tra i solchi della West Coast dei primissimi...
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anni Settanta) come nell’iniziale The Ocular Invalid, a cavallo tra Widespread Panic e Phish, o nel singolo Warranty; talvolta invece ruba completamente la scena agli altri strumenti martellando come un ensemble di percussioni (Creepy Laugh) o delineando sinuosi tracciati armonici (Hedges). Nel disco, Williams - che, oltre a cantare e a suonare la chitarra, si cimenta anche con basso, tastiere, vibrafono e percussioni - si avvale della collaborazione di Jeff Covert alla batteria, Eddie Dickerson al violino, Lowell Sale al banjo, Jay Starling al dobro, Jim Byram alla pedal steel. E, inutile dirlo, tutto funziona a meraviglia.
In fondo, ammettiamolo. Quando Keller Williams stringe tra le mani una delle sue Martin (HD-28 o D-35), c’è di che restar rapiti, letteralmente a bocca aperta. Grit - registrato nel corso del 2021 e dedicato alle peripezie della vita on the road - lo dimostra appieno e conferma, dalla prima all’ultima traccia, quanto scritto finora: non ci resta dunque che cogliere al volo l’occasione per approfondire la conoscenza di questo “gigante” d’oltreoceano, di questo maestro indiscusso dello strumento che tanto amiamo e che, concertisti come lui, possono senza dubbio alcuno innalzare verso cime sempre più ardite, impervie, ancora in larga misura da esplorare.
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