THE WALLFLOWERS Exit Wounds
recensione
La tracklist di Exit Wounds si compone di dieci brani che, pur non trasformando il disco in un capolavoro, dimostrano che il leader e anima della formazione losangelina non ha perso colpi nell’attesa e che, anzi, ha saputo tenere alta l’ispirazione raffinata di un tempo,...
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l’elegante vena compositiva e l’abilità di sapersi circondare di musicisti di valore.
A chi ha seguito i Wallflowers del formidabile Bringing Down The Horse (1996), sia chiaro: la band edizione 2021 è totalmente differente e nessuno dei membri di allora, ad eccezione di Dylan, è rimasto nell’organico. Il sound, quello sì, ha un sapore antico, famigliare, lo stesso delle ormai classiche One Headlight, Three Marlenas, Josephine.
Fin dalla prima traccia, Maybe Your Heart’s Not In It No More , il pensiero vola dritto ai magici anni Novanta. Grazia allo stato puro. Una traccia che, oltre ad essere la più bella e convincente dell’intero lotto, spicca per arrangiamento, melodia, ed infine, per le parole. Evocative, intense, necessarie: Whatever was has already been / Let this new day do its thing .
Il resto dei titoli procede di conseguenza, senza rilevanti picchi emotivi né cadute di stile.
Exit Wounds si lascia apprezzare per la delicatezza dei brani, per la calibrata alternanza di urgenza rock e introspezione, per la compattezza generale e la coerenza. Si tratta di una bellissima sorpresa per i tanti fan dei Wallflowers nel globo e di una fortunata scoperta per chi, malauguratamente, soprattutto tra i più giovani, dovesse esserseli persi fino a questo momento. Adatto ai lunghi viaggi, soprattutto in auto al calare del sole, ma anche per cominciare una giornata con la giusta spinta. L’energia di Roots And Wings , la poesia di I’ll Let You Down (But Will Not Give You Up) , la carica devastante di Who’s That Man Walking ‘Round My Garden sapranno tenere l’ascoltatore in buona compagnia. Bentornati, Wallflowers!
Umberto Poli
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