Peter Karp "Blue Flame"
recensione
Karp è un glitch, una di quelle anomalie del sistema in grado di ammaliare con quella che suona sempre come una nuova sorpresa. "Blue Flame", da poco uscito per Rose Cottage Records, è il nono album della discografia di Karp, il quale ha iniziato a portare avanti il proprio dialogo musicale soltanto a partire dal 2002, dopo aver speso molti anni al servizio del settore cinematografico in qualità di autore. Soltanto a partire dalla fine degli anni ’90 Karp è tornato a dedicarsi completamente alla musica, e da allora nulla l’ha più fermato.
Ad un anno di distanza dall’uscita di Alabama Town, "Blue Flame" compie un salto indietro nel tempo, e lo fa riportando fra le...
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fila della Peter Karp Band nientemeno che Mick Taylor, che con Karp ha suonato in più di un’occasione, accompagnandolo persino nel tour promozionale dell’album "The Turning Point" (per il quale Taylor aveva registrato alcune tracce). Taylor non è però l’unico ospite presente nel lavoro, che viene infatti arricchito dalla magistrale armonica di Kim Wilson, dal piano di Dave Keyes, dalle chitarre di Tod Wolfe er Paul Carbonara, così come dagli hammond di Jim Ehinger e Albert Weisman.
Ad aprire le danze ci pensa "Rolling On A Log", brano che non solo mette subito in mostra i muscoli grazie ad un misto di blues/rock solido e arrembante - soprattutto grazie al piglio deciso della mano di Karp -, ma stabilisce anche quello che può essere preso come il tema principale dell’intera tracklist: “no matter what life throws at you, always keep going.”
Il ritmo incalzante di "Train O’ Mine", annunciato dagli sbuffi dell’armonica dello stesso Karp, fa ribollire il lato più ardente della band, la quale lungo tutta la scaletta sfoggia un sound coeso e avvolgente, pronto perché su di esso si possa librare la voce sensuale di Karp. In "Blue Flame" si fa sentire forte anche la vena più irriverente del nostro, il quale, soprattutto con "Your Prettiness" e "Valentine’s Day", non si risparmia nel sabotare i classici escamotages del brano romantico. Con lo shuffle di "Treat Me Right" il rombo sferragliante del riff principale irrompe a metà percorso e ben riassume gli accenti roots e soul che da sempre caratterizzano la rielaborazione blues messa in atto da Peter Karp.
"The Turning Point", registrata nel 2004, vede Mick Taylor salire in cattedra per una ballad che apre orizzonti candidi e pregni di pathos, perfetto tappeto per ospitare un assolo in grado di richiamare gli anni migliori di Taylor fra le fila degli Stones. "Loose Ends" fa sì che la band sciolga le briglie per uno scanzonato blues arricchito dalla comparsata di Paul Carbonara, chitarrista conosciuto soprattutto per il suo lavoro con i Blondie. "The Arson’s" strizza l’occhio ad Elmore James, mentre su "From Where I Stand" soffia una ventata country che in parte si ripercuote anche sulla pacatezza di "You Know". Il trittico finale composto da "The Nietzsche Lounge", "Round & Round", e "Young Girl", tiene alto il livello espressivo dell’album, e conclude a dovere un prodotto dove ecletticità e gusto raffinato incontrano la forza più grezza e viscerale delle origini blues.
Blue Flame racchiude in sé brani già ascoltati nel live album "The Arson’s March", e precedentemente pubblicati solo con distribuzione locale negli States su "Road Show" (2002) e "The Turning Point" (2004), e pertanto per molti rappresenta l’opportunità di scoprire un artista duttile e dalla forza penetrante quale è Peter Karp, il quale, perlomeno nel nostro paese, non ha mai goduto di adeguata esposizione e copertura. Gli amanti della tradizione musicale americana non resteranno delusi: la fiamma di "Blue Flame" è quanto mai forte e vibrante.
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