Gov't Mule - "Revolution Come... Revolution Go"

di Umberto Poli
09 giugno 2017

recensione

Gov't Mule
Revolution Come… Revolution Go
Fantasy Records
Esce, a quattro anni di distanza dal precedente Shout! - disco doppio, ricco di ospiti illustri e piuttosto ambizioso sebbene non completamente convincente in tutte le sue sfaccettature -, il nuovo tassello della premiata ditta Government Mule, il decimo per l’esattezza: un lavoro che, pur alludendo più o meno esplicitamente alla scena politica statunitense sia nel titolo Revolution Come… Revolution Go, sia nella bella immagine di copertina disegnata da Richard Borge sia, volendo esagerare, per il fatto (del tutto casuale questa volta!) di essere stato registrato a partire dal giorno stesso delle elezioni (8 novembre 2016), si presenta tutt’altro che monotono o monotematico.

L’ultima fatica in studio dei Muli - Warren Haynes, chitarra e voce; Jorgen Carlsson, basso; Danny Louis, tastiere, chitarra e cori; Matt Abts, batteria - è anzi un’opera tanto variegata e multiforme quanto corposa (quasi 80 minuti di musica), impegnativa, ma mai noiosa o ripetitiva. Certo, il gruppo ha un sound così unico che lo si riconoscerebbe tra un milione di altre proposte simili, e la struttura dei brani a volte risente di una marcata, seppur perdonabile, prevedibilità nella distribuzione delle parti (strofa, ritornello, special, assolo, coda finale): ciò non toglie...

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però che Revolution Come… Revolution Go si lasci piacevolmente benvolere fin dal primo istante. L’apertura, affidata alla ruvida e graffiante Stone Cold Rage, possiede già - in senso metaforico, si intende - le carte di una partita vinta a tavolino, la mano imbattibile di una band carica come non mai, desiderosa di tornare sulla scena in grande stile, in cerca di novità e al tempo stesso rispettosa della propria rinomata storia.

Undici canzoni originali, la brillante rilettura di Dark Was The Night, Cold Was The Ground di Blind Willie Johnson, due co-produttori (Gordie Johnson e il leggendario Don Was), un fugace cameo di Jimmie Vaughan sul brano Burning Point e la tipica incandescente miscela di blues, rock, country, soul, jazz e psichedelia cui Haynes e compagni ci hanno abituati e tenuti stretti negli anni. Revolution Come… Revolution Go vanta almeno tre singoli, tre canzoni destinate a infiammare il pubblico delle arene e dei palazzetti di tutto il pianeta: oltre alla già citata opening track, Sarah, Surrender, una song che spiazza e al tempo stesso affascina per il sound imbevuto di RnB vecchia maniera, a metà strada fra Marvin Gaye e l’incedere percussivo del primo Curtis Mayfield; infine, Dreams & Songs, l’immancabile ballad targata Gov’t Mule con slide in evidenza, assolo di chitarra da manuale e una scrittura che strizza l’occhio alla lunga e gloriosa tradizione di nomi quali Allman Brothers, Lynyrd Skynyrd, Creedence Clearwater Revival e Van Morrison.

In generale l’album ha l’indiscutibile merito di avere davvero tanto da dire (e da dare) a chi ascolta e - nonostante la lunghezza - di essere stato concepito con coerenza, gusto e un’innegabile, rinnovata ispirazione. Ogni canzone ha un proprio perché, una propria cifra stilistica e non si percepisce la presenza di tracce “minori”, sottotono o fuori luogo. In Revolution Come… Revolution Go, ciascun ingranaggio è oliato a regola d’arte e i fan della prima ora, così come anche le nuove generazioni, possono portarsi a casa - sotto forma di cd standard, deluxe edition con bonus disc, vinile o in digitale - un affresco sonoro dove tradizione e innovazione, passato, presente e futuro del cosiddetto jam rock convivono e prosperano in modo impeccabilmente composto, suonato e arrangiato.

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