La Storia della Chitarra Rock

di Gaetano Menna
12 ottobre 2018

recensione

Masperone & Tavernese
La Storia della Chitarra Rock
Hoepli
La Storia Della Chitarra Rock, il ponderoso libro di Luca Masperone e Stefano Tavernese racconta a tutto tondo chitarristi e chitarre e poi tecnica, emozioni e vibrazioni…

La Chitarra Rock. Se c’è uno strumento che, più degli altri, rappresenta il rock, è senz’altro la chitarra elettrica. Un emblema del rock come lo sono la tromba e il sax per il jazz, il pianoforte e il violino per la classica. La chitarra è il rock e ce lo racconta bene il ponderoso libro “La storia della chitarra rock” di Luca Masperone e Stefano Tavernese (Hoepli 2018, 342 pp., Euro 29,90). Un volume che piacerà ai guitar hero e aspiranti tali, ma anche agli appassionati, agli ascoltatori.

Una Storia di Piccole Storie. Stili, modelli, protagonisti, accenni tecnici e tanti aneddoti fanno sì che questo libro sia una “storia” e non un’ “enciclopedia”. Anzi - come ha ben sottolineato il curatore della collana editoriale Ezio Guaitamacchi - «una grande storia fatta di piccole storie, fantastici miti ed incredibili leggende». Il libro è diviso in nove sezioni, al cui interno, ci sono capitoli scritti ed impaginati come saggi divulgativi, che comprendono immagini, vari tipi di box (su curiosità, personaggi,...

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luoghi, canzoni, libri e film), le discografie suggerite (per un totale di 200 dischi consigliati), più un’incalcolabile mare di altri dati e fotografie. Un oceano di informazioni in cui tuffarsi e sguazzare a piacimento saltando da un capitolo all’altro, da un riquadro all’altro…
“The crying machine” è il famoso brano di Steve Vai che appare nell’album “Fire garden”. Qui diventa il titolo della pagina introduttiva del grande chitarrista che esprime una vera e propria dichiarazione d’amore per la sua fedele compagna: «Oltre ad essere un chitarrista sono un grande fan della chitarra. Amo quel dannato strumento».

La Padella delle Origini. Si parte dalle origini dello strumento, dagli anni 20-30 del secolo scorso. Novant’anni anni fa - nel pieno della Grande Depressione dell’America in ginocchio - quella chitarra classica, con un piccolo amplificatore incorporato, segna un’incredibile pagina nuova nella storia della musica; una rivoluzione perché – come dirà Franco Cerri - «promuove la chitarra da strumento di accompagnamento a strumento solista»; eppure la chitarra elettrica sarà brevettata solo nel 1937 sotto le buffe spoglie di un grosso banjo metallico detto – non a torto – “la padella”…
L’evoluzione dello strumento andrà di pari passo con l’evoluzione musicale. Un lungo ed esaltante viaggio che parte dalle piantagioni del Mississippi e dal blues rurale, per poi raggiungere i quartieri del South Side di Chicago dell’immediato dopoguerra, la movimentata Memphis degli anni ’50, i locali della fumosa Londra dei primi anni ’60, i rumori siderurgici della Birmingham dell’heavy metal e numerosi altri luoghi.

Chitarre Storiche. Nelle pagine del libro c'è pure una carrellata di chitarre “storiche” da (ri)scoprire, dalla Airline da due soldi di Jack White, alla Les Paul Burst da due milioni di dollari appartenuta a Peter Green, a Gary Moore e (oggi) a Kirk Hammett dei Metallica.

Ritratti di Eroi. Piatto forte sono pure i ritratti dei guitar hero: Elvis Presley, Chuck Berry, Robert Johnson, Eric Clapton, Jimmy Page, Frank Zappa, John Petrucci, Thom Yorke e Jonny Greenwood, David Bowie, Robert Fripp, B.B. King, Slash, Bruce Springsteen… primo tra tutti Jimi Hendrix e la sua potente Stratocaster.
Jimi era mancino ma – si ricorda nel libro - suonava una normale chitarra “destra” rovesciata, con le corde montate al contrario. Acquistò la sua prima Stratocaster nell’estate del 1966 da Manny’s Music a New York. Da lì in avanti diverse “Strato” avrebbero accompagnato la sua carriera, come quella dipinta da lui stesso e a cui dette fuoco a Monterey, o quella di colore “Olympic White” che suonò a Woodstock.
Nei primi anni ’60 c’è un ragazzo inglese amante delle chitarre a tutto volume discute con il gestore di un negozio di strumenti musicali. Ciò che gli serve è un amplificatore diverso, più potente, in grado di dare uno scossone al pubblico. I due sono Pete Townshend (The Who) e Jim Marshall…

Like a Rolling Stone. Brian Jones fa ascoltare a Keith Richards la musica di Robert Johnson (una delle massime leggende del blues degli anni ’30).”Chi è l’altro musicista che suona con lui?”, chiede Richards. “Nessuno – risponde Brian – tutte le parti che senti sono suonate dallo stesso Robert, contemporaneamente”.
“I Feel Fine” dei Beatles, inciso nel 1964 è il primo brano musicale contenente il tipico riff di chitarra che caratterizzerà gli anni ‘60 e ’70; ma anche il primo a sfruttare la tecnica del feedback su disco, prima di Jimi Hendrix, The Kinks, The Who… Il brano comincia come una sorte di fischio che si propaga, ottenuto da Lennon avvicinando la chitarra all’amplificatore.

Sessionmen. Non ci sono solo i guitar hero ma anche i turnisti, spesso poco conosciuti ma fondamentali. Ed un capitolo ad hoc è dedicato proprio ai grandi session man, come Tommy Tedesco, il chitarrista più utilizzato negli studi di registrazione americani, tra gli anni ’60 e ‘80, che ha lasciato la sua impronta chitarristica, tra gli altri, con Elvis Presley, Mamas & Papas, Beach Boys, Frank Zappa. Centinaia di sessioni in studio anche per Larry Carlton, soprannominato “Mr. 335”, dal modello della sua storica Gibson. Tutti sanno che Jimmy Page ha fatto la storia del rock con i Led Zeppelin ma negli anni ’60 è stato un turnista richiestissimo. È un nome quasi sconosciuto quello di Vic Flick ma la sua chitarra è entrata nelle case di tutto il mondo grazie al famoso “James Bond Theme”. E tra gli italiani merita sicuramente una sottolineatura Corrado Rustici che si è trasferito negli States tanti anni fa ed ha collaborato con successo a numerosi album internazionali.
E per chiudere le parole d’amore di David Gilmour: «È una cosa magica la chitarra. Ti permette di aggiungere emozione con piccoli movimenti, vibrati ed altre sfumature che nemmeno un pianoforte riuscirebbe a fare».

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