ZAKK WYLDE Book of Shadows II OOK OF SHADOWS II

intervista
Correva l'anno 1996 quando Zakk Wylde (all’anagrafe Jeffrey Phillip Wielandt, classe 1967), trovò il tempo e l'ispirazione per proporre ai suoi fan una manciata di sue composizioni dal carattere introspettivo che rappresentassero anche l'altro lato della sua vena artistica: fu così che il suo primo lavoro da solista, Book of Shadows, vide la luce. Uno stile reminiscente di certe caratteristiche sonore già introdotte dai suoi Pride&Glory ma con una attitudine ancora più intima e legata alla tradizione folk.
Ora, dopo ben 20 anni d’attesa, prende forma il secondo capitolo di questa sua avventura musicale introspettiva. Book of Shadows II (uscito lo scorso 8 aprile per Spinefarm Records) è un lavoro che rievoca le atmosfere dell'esordio da solista di...
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Zakk Wylde e dimostra appieno la maturità di un musicista che non si nasconde dietro clichés precostituiti e che è sempre alla ricerca di nuove forme d’espressione per la sua arte.
Mentre Zakk sorseggia la sua tazza di caffè mattutina, abbiamo l'opportunità di fare due chiacchiere e di farci spiegare come sono andate le cose...
Sono passati esattamente 20 anni dall'uscita del primo Book of Shadows... Hai aspettato per poter celebrare un importante anniversario o è capitato per caso che questo fosse il momento giusto per la pubblicazione di Book of Shadows II?
Beh, è stata un po' la combinazione delle due cose... Per fare Chinese Democracy [Gun's and Roses, Geffen Records 2008] ci sono voluti più di 15 anni e ho pensato di battere il loro record! Così sono passati 20 anni e ho realizzato che era giunto il momento di far uscire il mio album! [ride] Negli ultimi due anni accadeva sempre più spesso che mi chiedessero quando sarei tornato a scrivere musica in sintonia con il primo Book of Shadows e in realtà, già con il Catacombs Of The Black Vatican Tour, nei viaggi tra New York e Los Angeles, mi era piaciuto trovare qualche momento di tranquillità per suonare alcuni brani soft tratti proprio dal primo Book of Shadows e pensare a degli arrangiamenti acustici di brani dei Black Label Society; così, quando mi sono reso conto che si avvicinava la data del ventesimo anniversario... mi sono deciso!
Cosa ti ha portato a titolare questo disco ancora Book of Shadows, cosa vuol dire per te questo titolo?
Book of Shadows è un diario. È un titolo cool per definire un insieme di esperienze e ricordi maturati nel tempo ed è il motivo per cui l'ho scelto sia questa volta che la prima. In realtà si riferisce a ciò che sono le song, cioè un pezzetto dell'esperienza di ogni artista nel momento in cui le compone... un po' come ciò che si scrive su un diario. Book of Shadows II lo considero come l'insieme delle esperienze maturate durante i tour in giro per il mondo con i Black Label Society e le cose che mi sono successe nella vita di tutti i giorni in questi ultimi anni.
È un album che se al primo ascolto può sembrare semplice, in realtà nasconde tanti arrangiamenti diversi e sorprende ascolto dopo ascolto...
Tutte queste canzoni arrivano dal mio amore per la musica in generale e sono parte di me. Song che si rifanno a classici del rock e che traggono ispirazione da ciò che ascolto quando voglio rilassarmi: Van Morrison, The Eagles, The Band, The Allman Brothers, i brani più tranquilli dei Lynyrd Skynyrd o dei Bad Company, e anche Elton John o gli Stones... Insomma, tutta questa musica fa parte del mio vissuto e influenza le mie composizioni in maniera naturale. Non penso al modo in cui andrò ad arrangiare una canzone per ottenere un effetto sorpresa sull'ascoltatore ma, piuttosto, mi lascio andare all'ispirazione e lascio che la canzone prenda forma.
Hai scritto le canzoni dell'album quando hai preso la decisione di registrare, o avevi già del materiale chiuso in un cassetto che aspettava di essere parte della scaletta?
Di solito lavoro proprio così... o meglio, se so di avere del tempo a disposizione e un obiettivo da raggiungere, mi metto a lavorare dal principio. Succede un po' come quando un archeologo va a cercare le ossa dei dinosauri: sa che nel raggio di un paio di chilometri troverà quel che sta cercando, comincia a scavare un po' alla volta e se oggi non trova niente non importa, domani cercherà ancora perché sa che comunque le ossa sono lì. Per quanto mi riguarda, mi sveglio al mattino e, dopo un bel caffè, comincio a suonare la mia acustica: scale, arpeggi, accordi, poi un qualcosa scatta e comincio a scrivere. Oppure, sento una canzone alla radio o leggo un articolo che mi ispira: a quel punto, vado al Vaticano [The Black Vatican è il nome dello studio di Zakk], prendo la chitarra e mi metto a scrivere... Così, senza neanche accorgermene, ecco che salta fuori una canzone. Alla fine però, se mi metto a ripensare a cosa mi ha ispirato, mi accorgo che la mia canzone non c'entra niente con la scintilla iniziale... Se per esempio l'ispirazione mi è arrivata da Heart of Gold di Neil Young, ecco che la mia song potrebbe suonare tipo Free Fallin di Tom Petty... È il bello della musica!
Quando arriva l’ispirazione come approcci in termini pratici il processo di composizione? Parti dalla chitarra, cerchi di musicare una melodia, hai dei versi in testa e ci metti sotto degli accordi...
Per me parte tutto dalla musica. Che si tratti di pianoforte o chitarra, solitamente una song prende forma da un'idea musicale. Le song tipo quelle del mio album nascono perlopiù da progressioni di accordi, mentre per le cose heavy mi affido più ai riff... E quel che mi ispira a cantare qualcosa, è sempre la musica. Quasi sempre i testi vengono per ultimi.
Hai composto tutte le canzoni, hai suonato la chitarra e il pianoforte, hai cantato e hai registrato nel tuo studio... Hai anche prodotto l’album?
Certo, proprio come Jimmy Page! [ride] Il processo di produzione, in realtà, è stato il frutto di una collaborazione stretta tra tutte le persone coinvolte nel progetto. JD [John DeServio] oltre a suonare il basso, ha passato un sacco di tempo dietro al mixer. E’ un amico e ci siamo scambiati parecchie idee e opinioni sul da farsi. JD passava la giornata a mixare e quando la sera tornavo in studio, riascoltando le tracce, chiedevo di fare qualche aggiustamento... “metti un po' più tabasco qui, un pizzico di sale là...” Quindi, riascoltavamo tutto insieme e andavamo avanti così fino ad ottenere il risultato migliore. L'ultima parola spettava a me ma non mi sono mai messo a questionare sul processo di lavorazione... l'importante è circondarsi di persone di cui ti fidi e che sanno fare il loro lavoro, poi tu devi prenderti le tue responsabilità. Come dire... non si possono avere tanti chef in cucina!
Come avete affrontato le registrazioni?
Fondamentalmente partiva tutto dalle mie prime registrazioni, sia che si trattasse di chitarra o pianoforte, facevo partire una traccia di click e ci suonavo sopra. Mi piace lavorare col click, mi trovo a mio agio, posso “suonarci intorno”. E, soprattutto, ti consente di suonare ben sapendo che, in un secondo tempo, potrai organizzare molto più agevolmente le sovraincisioni e qualsiasi tipo di arrangiamento... Mentre suonavo e spiegavo la forma delle canzoni agli altri, Jeff [Fabb] seduto di fianco a me, faceva finta di suonare la batteria agitando le mani per aria e, subito dopo, si metteva dietro ai tamburi per registrare... Fatto! Non abbiamo mai provato le song insieme in sala prove, tutto è nato in studio. La stessa mattina in cui mi sono presentato in studio con gli accordi e la melodia di Autumn Changes, abbiamo subito registrato la chitarra e... via con la batteria! Poi, subito pronti per affrontare un altra song...
Che chitarre hai utilizzato per le registrazioni?
Per quanto riguarda le chitarre elettriche, ho utilizzato solo le mie Wylde Audio, mentre per le acustiche, oltre a un paio di prototipi Wylde Audio, mi sono affidato alle Loucin Guitars del mio amico Garren Dakessian, un guru della liuteria che ha la sua azienda di chitarre in Canada. Tra gli effetti che ho utilizzato, sicuramente la parte del leone l'hanno fatta tutti i miei pedali signature. In particolare, il phase che senti sul disco è un prototipo che ho appena terminato di testare...
Ci parli un po’ di più delle tue chitarre Wylde Audio?
Sì, certo... è una avventura nuova per me ed estremamente importante e stimolante: le chitarre marchiate Wylde Audio stanno per arrivare! Sono in ottimi rapporti con tutte le persone e i produttori di chitarre con cui ho lavorato in passato; ho avuto la grande fortuna di avere endorsement molto importanti, di suonare strumenti che hanno fatto la storia della musica e di collaborare alla realizzazione di modelli signature... Adesso mi ritrovo a veder realizzato il sogno di essere per così dire un “team owner”, è incredibile! Progetto le chitarre dalla A alla Z, la forma, i legni, i pickup... Tutto segue le mie specifiche direttive e il risultato è proprio cool! Wylde Audio non sarà solo un brand di chitarre, ma anche di amplificatori, effetti, cavi, e tutto quello che occorre a un musicista. Le chitarre e tutto il resto saranno presto distribuiti a livello internazionale...
Abbiamo sentito che farai squadra con Schecter...
Sì, lavoreremo insieme. Blasko [bassista di Danzig, Rob Zombie e Ozzy Osbourne, nonché amico e manager di Zakk - Mercenary Management] è amico e partner lavorativo di Mike [Michael Ciravolo – presidente di Schecter Guitars] e insieme a lui ho pensato che la collaborazione con Schecter sarebbe potuta essere un’ottima soluzione per il mio nuovo marchio... Quando Mike ha saputo del mio progetto e delle mie intenzioni, è stato felicissimo di poter prenderne parte. Alla Schecter sono tutti molto competenti e cool... Come ti dicevo prima, il segreto sta nel circondarsi di persone capaci, con cui poter dialogare: per di più, quando le cose scorrono per il verso giusto, non c'è il rischio di fare c***zate. Si deve lavorare mirando sempre alla qualità, senza trovare scuse per giustificare gli errori, e di conseguenza, come in questo caso, ottenere strumenti e prodotti che spaccano!
Cosa pensi delle chitarre a sette o più corde che oggi sembrano essere la scelta prima delle band rock più pesanti?
Ci saranno anche chitarre di questo tipo nella linea Wylde Audio ma personalmente non ho mai provato un particolare interesse verso questo tipo di strumento. Le chitarre a 12 corde sono ovviamente parte del mio arsenale acustico ma il Si-basso o quel tipo di sonorità, non mi hanno mai attirato più di tanto. Per me ha più senso accordare un tono sotto o roba del genere piuttosto che aggiungere altre corde. In quest'album per esempio, per quasi tutte le song ho adottato accordature standard...
Stai per partire in tour per l’ennesima volta e le date saranno molto vicine una all'altra, sarà sicuramente molto stancante... Come ti stai preparando fisicamente per il tour e come fai a gestire lo stress alle corde vocali?
Mah... per quanto riguarda il suonare pianoforte e chitarra, non ho particolari problemi... posso suonare tutto il giorno in studio o sul palco senza provare stress o fatica. La voce, invece, senza dubbio ha bisogno di essere curata. La regola d’oro per me è il riposo: una bella dormita e mi ricarico al meglio! È un po’ come andare in palestra: se sai di dover fare una gara di sollevamento pesi sulla panca, non ti alleni fino all'ultimo istante prima della competizione... il risultato sarebbe sentirsi debole, affaticato e... stupido. Quindi? Riposi!
C’è qualche canzone nell'album che ti rappresenta di più o che ami particolarmente suonare?
Non abbiamo ancora iniziato a suonarle dal vivo, ma se devo pensare a una song da suonare per me stesso, forse la prima che farei prendendo la mia acustica in mano sarebbe Autumn Changes. Mi piace molto come è venuta, mi piace molto l’assolo... Naturalmente sono molto contento di tutto l'album: tutto il processo di composizione e realizzazione è stato molto coinvolgente e stimolante. La fase di registrazione degli assoli è stata particolarmente divertente, una sorta di jam continua usando i miei pezzi come backing track e poi... suonare, suonare, suonare, fino a quando qualcosa di buono non saltava fuori. Scrivere le melodie e i testi è stato altrettanto divertente... cercare vari modi di comunicare un concetto e dire qualcosa senza essere troppo diretti o espliciti, ti porta a scovare soluzioni inaspettate, come quando improvvisi con il tuo strumento... Insomma, mi è proprio piaciuto fare questo album! Lavorare in studio ti porta a ricercare sempre il massimo e a rivedere ogni dettaglio fino allo sfinimento: tuttavia, fare i dischi a me piace moltissimo. Ma non sono uno di quelli che quando ha finito di registrare un album pensa già a quello successivo... A me piace da matti anche suonare dal vivo e se si tratta del materiale fatto in studio... ancora meglio!
Cosa diresti a un tuo fan che sta iniziando a suonare o che ha intenzione di intraprendere la carriera di musicista?
Per prima cosa bisogna avere una grande passione per la musica e per il proprio strumento e, senza alcun dubbio, suonare quel che piace. A quel punto, tutto fuoriesce con estrema naturalezza e le cose vanno a mettersi nel verso giusto: si riesce a sviluppare il proprio stile e a trasmettere le proprie emozioni con sincerità. Io amo tutto del fare musica e della chitarra: mi piace suonare, mi sento soddisfatto e appagato a fare scale e arpeggi, fare pratica ogni giorno, comporre song, suonare dal vivo... Ovviamente molto dipende da cosa si vuole ottenere dalla musica e fino a che punto si vuole arrivare, ma è certo che più impegno ci si mette, e più risultati si riescono ad ottenere.
C'è stato un momento nella tua vita, magari ancora agli inizi della tua carriera, in cui ti sei accorto di avere un talento speciale per la musica e che saresti riuscito a diventare quello che sei diventato?
Il talento che ti arriva in regalo alla nascita conta di sicuro, ma la verità è che se non ci lavori su e non lo coltivi con tanto impegno, non riuscirai mai ad ottenere dei risultati... Gli stessi Yngwie Malmsteen e Eddie Van Halen hanno dovuto studiare e esercitarsi tantissimo per divenire quei grandissimi chitarristi e musicisti che sono. Non si sono certo svegliati una mattina e preso a fare cascate di note fulminanti o suonare Eruption o Spanish Fly... E’ un po’ come col body building: puoi essere grosso di natura ma se non ti eserciti nel modo giusto, non mangi come si deve e tutto il resto, non diventerai mai Mr. Olympia...
...Tu quanto fai di panca?
Mmm... beh, cerco di sollevare quello che basta per non prenderle da mia moglie! [ride]
box
Book Of Shadows II
Con questo lavoro in studio Zakk Wylde riprende il discorso interrotto esattamente 20 anni or sono e lo fa con tutta la passione e la determinazione che hanno contraddistinto ognuna delle sue produzioni. 14 tracce racchiuse in un album che prende le distanze dal sound aggressivo dei suoi riff ossessivi e trascinanti e mette in mostra un altro lato della sua personalità di artista maturo e sempre pronto a mettersi in gioco.
Il brano d'apertura, Autumn Changes, uno dei preferiti di Zakk, ne è un perfetto esempio: pennate morbide di chitarre elettriche pulite e acustiche, accompagnate da accordi di Hammond e ritmi rilassati, fanno da sottofondo alla voce calda di Mr. Wylde che canta una melodia senza strappi, proprio come fa l’elegante assolo di chitarra.
Allo stesso modo si presenta Tears of December, dove le sonorità della chitarra acustica supportano un andamento ritmico rilassato e una progressione di accordi in tipico stile USA, in cui la voce e la chitarra di Zakk si trovano perfettamente a loro agio.
Cambiano un po’ le cose con Lay Me Down: qui il suono dominato da una chitarra elettrica ondeggiante ed effettata, conduce a un ritornello molto accattivante e sfocia in un assolo decisamente in stile Wylde, là dove il blues si mescola al virtuosismo ma sempre con l’attenzione rivolta al brano piuttosto che al puro gesto chitarristico.
Lost Prayer ha un carattere governato dal sound classico della musica americana a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, molto trascinante e molto coinvolgente: un ritornello che resta impresso nella mente e non ti lascia più ed un assolo di chitarra aggressivo al punto giusto… quel tanto che basta per tenere alta l'attenzione dell'ascoltatore durante la parte strumentale del brano.
Dal canto loro, Darkest Hour e The Levee, con la loro atmosfera rilassata e morbida ed il coinvolgente trasporto chitarristico nello stile di Zakk Wylde, si amalgamano alla perfezione con la filosofia sonora e l'idea che sta dietro alla realizzazione dell’album in questione.
Con Eyes of Burden le atmosfere sono ancora morbide e aperte ma il ritmo si fa più cadenzato, con la chitarra lead e un assolo bello carico a creare il giusto contrasto sonoro. Seguono i brani titolati Forgotten Memory, Yesterday's Tears, Harbors of Pity e Sorrowed Regret che conducono, ciascuno a modo suo, nel mondo malinconico e ricco di ricordi di Zakk. Le influenze del folk statunitense, unite a certo southern rock, trasudano da ogni nota di questi brani e non fa eccezione la morbidissima Useless Apologies, una ballad governata dal suono e dal ritmo degli accordi della chitarra acustica e dalla voce dello stesso Wylde.
La tredicesima traccia di questo lavoro disponibile anche in versione elettronica e vinile, è Sleeping Dogs, il singolo che già da un paio di mesi riceve i consensi del grande pubblico e che ricorda certe sonorità della musica di Neil Young. Andamento cadenzato e malinconico, è un brano molto coinvolgente, che sottolinea una delle variegate peculiarità dell’album.
The King chiude il ciclo e propone uno Zakk Wylde dietro al pianoforte, impegnato a cantare un brano incredibilmente coinvolgente. Un brano in linea con gli altri della scaletta, ma diverso proprio perché la chitarra entra in gioco solo per la parte lead, mentre l’arrangiamento (supportato da sporadici ed eleganti interventi di archi ben dosati e registrati), ci conduce nell’intimo dei ricordi e pensieri di Zakk, emozionandoci.
La versione cd propone anche due bonus track che vedono Zakk Wylde impegnato al pianoforte. Si tratta di Tears of December e Lost Prayer (re)interpretate magistralmente ed arrangiate con lo stesso spirito del brano The King: un esperimento molto ben riuscito, che ci fa assaporare tutta l’intensità artistica di Zakk Wylde... anche senza la chitarra.
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