L'ultimo saluto a Jeff Beck, scomparso improvvisamente a 78 anni
Il fatto è che di fronte ad alcune morti risulta molto difficile celebrare le gesta e la vita di chi, ormai, ci ha lasciato... E quando accade in maniera inaspettata, tutto diventa ancora più arduo.
All'età di 78 anni, a causa di una meningite batterica, Jeff Beck abbandona il mondo terreno, anche se lui di "terreno" non ha mai avuto poi troppo. In sessant'anni di carriera Beck è sempre apparso molto più come un essere alieno intento a dimostrare al mondo musicale di quali cose si può essere capaci con sole sei corde a disposizione, e l'unica consolazione in questo momento è il sapere che, anche senza essere più tra noi, la sua eredità continuerà a parlare per lui.
Difficile immaginare come sarebbe il mondo della chitarra se la stella di Beck non fosse mai apparsa come una sorta di faro guida. Chiedetelo allo stesso Steve Vai, che poco dopo la scomparsa di Beck gli ha dedicato parole simili a queste.
Vai è soltanto uno dei tanti nomi che potremmo citare per dimostrare come l'influenza di Beck abbia abbattutto ogni tipo di barriera temporale o artistica. A tutti gli effetti faremmo fatica a trovare anche solo un chitarrista al mondo che non nutra per Beck massimo rispetto ed ammirazione.
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Quello lasciatoci da Beck non è un compito gravoso, bensì è una missione al limite dell'impossibile. Sì, perché colmare un vuoto come quello che si genera con la sua scomparsa, è qualcosa che non si potrà mai realizzare completamente.
Non si tratta soltanto di tenere alta la bandiera di una fede musicale che non ha mai conosciuto limiti, quello di celebrare la vita e la musica di Beck è un compito che richiede di aprire occhi ed orecchie ad uno spirito creativo che si avvicina pericolosamente al concetto più alto di sublime. Nel suonare lo strumento mi sento un puro - ci raccontava Beck in un'intervista di tanti anni fa - uno che ragiona con il cuore. E come dargli torto?
Provate ad immaginare le sensazioni, al limite tra sconcerto e fascinazione, che il pubblico deve aver provato nel 1966, quando Beck's Bolero veniva pubblicato dalla Columbia come B-side di Hi Ho Silver Lining.
Nell'esatto momento in cui la puntina si appoggiava per dare voce alle prime note di Beck's Bolero, la chitarra moderna prendeva vita per la prima volta, inoltrandosi in un viaggio alla ricerca di mondi nuovi.
Un viaggiatore sonoro, un esploratore mai stanco, questo è stato, e continuerà ad essere, Jeff Beck. Chi ha avuto la fortuna di ascoltarlo dal vivo in più di un'occasione, sa bene come - in maniera quasi paradossale - il suo stile fosse sempre in continua crescita. Un po' come uno studioso che prosegue incessantemente nella sua formazione, Beck andava sempre più a fondo nell'approfondimento di quel continuo dialogo imbastito, tramite la chitarra, con entità creative superiori.
Ascoltando Beck si ha sempre la sensazione di essere di fronte a qualcosa che si stacca dal nostro mondo per proiettarsi verso qualcosa di più alto, di più puro. Una sensazione talmente forte da non far pensare in alcun modo di poter mai svanire.
Eppure, come tutte le storie, anche quella di Beck era destinata ad un termine ultimo. Fa male pensare che proprio lui, che tra i performer era uno dei più infaticabili, sia stato fermato improvvisamente da una malattia che lo ha privato anche dell'ultimo saluto al suo pubblico.
Un pubblico vasto, sconfinato, che abbraccia molte generazioni e persone di ogni razza e genere. La musica di Beck parla a tutti, non fa distinzioni, e pur venendo dalla mente di un vero cultore della chitarra, arriva anche al cuore di chi non conosce la differenza tra una Stratocaster ed una Les Paul. Questo perché prima ancora che un chitarrista dalla tecnica sopraffina ed inimitabile, Jeff Beck è stato un artista del suono.
Il fine ultimo per Beck è sempre stata la musica, la chitarra senza dubbio era il suo mezzo preferito, ma la musica veniva prima di ogni cosa. Non si debutta in solitaria con un album come Truth, senza avere le idee chiare al riguardo, e soprattutto non si attraversano 60 anni di carriera con la stessa e inappagata fame di crescita. Tre album come Truth (1968), Beck-Ola (1969) e Blow By Blow (1975) basterebbero come eredità musicale di tre diversi artisti, eppure sono soltanto pezzi di un unico, grande, puzzle di incredibile varietà.
E quindi in un momento come questo, così difficile da accettare, l'unico modo per far girare le cose alla giusta velocità, è tornare lì dove anche Beck sarebbe tornato senza pensarci un solo momento: alla musica. Ascoltandola, celebrandola, piangendola e condividendone il dono. Perché ora è il momento più appropriato per essere grati di aver condiviso parte delle nostre vite con lui.
Ora e sempre: Who else! The one and only Jeff Beck.
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