ANA POPOVIC Trilogy

di Dario Guardino
02 aprile 2017

recensione

ANA POPOVIC
Trilogy
ArtisteXclusive records
Non è passato molto tempo da quando abbiamo parlato di Ana Popovic, artista di origine serba ma con base a Memphis (Usa). Trilogy rappresenta l’ottavo capitolo discografico in studio, a quasi 20 anni dall’album di esordio (Hometown), del 1998.

Si tratta di un progetto ambizioso, che racchiude in un unico cofanetto ben 3 cd (che potrebbero essere considerati come tre album a sé stanti) denominati rispettivamente: Morning, Mid-Day e Midnight, ognuno con le sue peculiarità stilistiche.

Morning, come suggerisce il titolo stesso, si configura come il capitolo più solare e meno introspettivo dei tre. Con Love You Tonight e She Was A Doorman si viene travolti dal funk più verace. Impossibile restare indifferenti di fronte al tiro micidiale di brani come Show Me How Strong You Are e Fancewalk, ricchi di stacchi, riff accattivanti e groove da vendere. Con Train si placano gli animi; è giunto a puntino il momento della ballad e, al tempo stesso, della prima ospitata. A duettare con la Popovic, c’è Joe Bonamassa, riconoscibile dalla prima nota e, obiettivamente, un...

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tantino fuori luogo nel mood della song, crepuscolare e notturna, condita dalle solite mitragliate di sedicesimi del nostro. In ogni traccia emerge la maturità dell’artista serba, che ha appena varcato la fatidica soglia degli anta. Maturità compositiva, ma anche di fraseggio, fluido e mai eccessivo, con alcuni spunti davvero notevoli.

In Hook Me Up compare un altro ospite illustre, Robert Randolph alla chitarra slide, nel brano sinora più bello del disco. Una soul ballad scritta con maestria e chiusa da un assolo della Popovic ricco di pathos. Chiude il primo dischetto Too Late, ulteriore brano ben scritto ed arrangiato.

You Got The Love apre il secondo capitolo della saga, denominato Mid-Day. Spariscono gli archi e si ritorna al classico combo rock/blues, nel quale la Popovic la fa da padrone. Anche in questo caso, groove da vendere: davvero incredibile la crescita artistica tout-court dell’artista in questione! Fatichiamo davvero a trovare brani non degni di nota: tutti con un mood preciso e con un gustoso retrogusto di tipo funk/blues. D’altronde è la stessa Popovic ad affermare: “Ogni mio disco deve raggiungere i miei standard, che sono alti!”

Con Johnnie Ray è la volta del minor blues. Da segnalare il bellissimo clean sound della Popovic, a suo agio come non mai anche a livello vocale: graffiante e pienamente immersa nel mare magnum del blues. Anche il suo fraseggio non è riconducibile alla sola pentatonica, risultando contaminato da chiari idiomi di stampo jazzy.
Grande funk nel successivo Woman To Love, nel quale la chitarra dell’artista sembra parlare, tanto è vocale il suo fraseggio… mentre in Let’s Do It Again trova spazio persino il rap di Al Kapone (si tratta di una cover di Curtis Mayfield).
Riff granitico in Who’s Yo’ Mama: un rock blues che non lascia scampo, con la Popovic nelle vesti di guitar-runner e fraseggi al fulmicotone. Rumba blues in Wasted, composizione elegante e raffinata come il songwriting dell’artista serba.

Il terzo dischetto, Midnight, si discosta diametralmente dai precedenti. A partire dalla swingante New Coat Of Paint, nella quale tornano i fiati mentre la Popovic si mostra credibilissima anche nelle vesti di crooner. Tra le song di questo cd spicca la bella versione dello standard In A Sentimental Mood, condito da frasi a base di ottave e suoni ovattati in stile jazzistico. Non è semplice pensare a quanti bluesmen saprebbero districarsi con perizia e pertinenza in standard come questo!
Notevole anche la versione di You Don’t Know What Love Is, brano reso moderno da un arrangiamento che non pecca di presunzione e non manca certo di rispetto all’originale.

Insomma, una release discografica ambiziosa, ma che delinea appieno la cifra artistica raggiunta oggi dalla Popovic: ora non più astro nascente, ma solida realtà!

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